Appunti sulla Chiesa lucerina
C’è stato un lungo periodo in cui la Chiesa Cattolica, anche a Lucera, si era ritagliata il ruolo di “protettore” della società italiana, con il compito di formare, come disse Don Bosco, dei buoni cristiani e di buoni cittadini rispettosi sia delle regole della chiesa che delle leggi dello stato.
Con un immenso sforzo di mobilitazione, le Parrocchie e le Associazioni cattoliche riuscirono ad aggregare ragazzi e adulti, esercitando un’enorme influenza sulla formazione religiosa, morale, ma anche culturale, civile della quasi totalità dei cattolici italiani, accomunati da una fede semplice e sincera con tradizioni religiose ben consolidate.
Questo processo aveva i suoi riti di riferimento.
Il sabato e la domenica pomeriggio i ragazzi dovevano andare al catechismo (jí a duttríne), sotto la guida di una signorina, quasi sempre non sposata, (‘a segnurìne bbezzóche), con domande e risposte da imparare a memoria (a cambanèlle) che vertevano sull’insegnamento di Dio e della Chiesa e nell’imparare i dieci comandamenti, insegnamento necessario per la prima comunione (‘a príme comunióne) e la cresima (‘a creséme). Sia per gli adulti che per i ragazzi, la domenica indossato l’abito della festa (‘a tulètte), c’era il rito della messa, e le donne prima di entrare in chiesa mettevano rispettosamente il fazzoletto sopra il capo (u fazzulètte ngape).
Durante le Messe nella Cattedrale (‘a Chíjse Granne) le panche del lato destro (dando le spalle all’altare) erano riservate alle donne e quelle poste al lato sinistro agli uomini. Quando queste panche erano tutte occupate, i fedeli prendevano le sedie impagliate, marchiate con un RC a fuoco che significava Real Capitolo, che stavano in fondo alla chiesa vicino al battistero, pagando al sagrestano ‘a case , dieci lire.
Al termine della Messa ai ragazzi veniva consegnato un bigliettino che dava diritto ad assistere ad un film nel pomeriggio della domenica.
I giovani e gli adulti erano inquadrati nelle varie Associazioni Cattoliche, che avevano anche il compito di preparare i futuri quadri dirigenziali e politici del partito cattolico (‘a Democrazije Crestjane).
Le realtà parrocchiali lucerine di riferimento erano, oltre alla Cattedrale, affidata a Don Vincenzo De Sabato, il Carmine, sotto la ferrea guida di don Peppino Rossetti, soprannominato U Neus (il Negus) forse per una sua vaga somiglianza con Menelik , il negus etiope. San Giacomo, affidata ad un altro mito lucerino, Don Alfonso Di Giovine, soprannominato Vedellóne. San Giovanni, sotto la guida di Padre Michele Ricci. Importanza fondamentale hanno avuto i Giuseppini i quali, nel loro peregrinare tra varie chiese Santa Catarìne, San Dumìneche, e, infine,con la chiesa di Cristo Re e l’annesso oratorio Opera San Giuseppe (Opera Nove), hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia cittadina, soprattutto sotto la guida di Padre Angelo Cuomo. Andare da Padre Angelo (mò vache da padre Angèle), era la certezza per i genitori che i loro figli erano affidati nelle migliori mani.
Dopo il 1968 il progressivo diffondersi degli strumenti di comunicazione di massa e l’evolversi dei costumi di giovani e adulti, iniziò una lenta crisi della Parrocchia e delle Associazioni Cattoliche, tuttora presente, e tantissimi cattolicisi sono scoperti non praticanti, perché non si recavano più alla messa con cadenza settimanale.
Lino Montanaro