Memoria
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La festa da ballo è uscita moscia
Nei primi anni Sessanta, quelli del boom economico, l’Italia aveva voglia di divertirsi e i giovani lucerini non erano da meno. Anche se le possibilità non erano tante, comunque, si andava a cinema e a ballare, organizzando feste in casa e, in estate, sópe i logge (sulle terrazze). Per ballare bastava un giradischi e alcuni dischi, i famosi 45 giri, che diffondevano musica moderna: shake, twist, surf e lo slow, un ballo lento e romantico. Spesso queste feste asscévene mmossce (non riuscivano) per l’assenza delle ragazze. Ciò succedeva quando erano organizzate a casa di ragazzi; riuscivano meglio quando erano organizzate in casa di ragazze. All’inizio della festa si partiva con…
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Pasquale Soccio e un giornalino studentesco del 1973
Potrebbe sembrare inutile parlare oggi di giornali studenteschi e di articoli apparsi su di essi quasi cinquant’anni or sono; invece spesso essi si rivelano una preziosa fonte di dati, informazioni, notizie necessarie a ricostruire episodi e aspetti, sia culturali che di costume, di un passato più o meno recente e utili per spiegare e comprendere fenomeni a noi più vicini. Talvolta, addirittura, ci permettono di riscoprire aspetti della cultura e del pensiero di personaggi sui quali si credeva che fosse stato scritto tutto. È, quest’ultimo, il caso di un “giornalino“ (absit iniuria verbis, vista la profondità di analisi presente in diversi articoli di giovani giornalisti apparsi su diversi giornali studenteschi…
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A zannutèlle. Poesia di mio padre Raffaele Montanaro
L’amore è quel sentimento che dà forma alla nostra vita. Quello raccontato da Raffaele Montanaro (1910-1990) nella sua poesia è un amore tanto intenso quanto fugace, dove dall’altra parte c’è una persona che non ricambia gli stessi sentimenti, provocando quella sensazione di vuoto e sofferenza che solo l’esperienza del rifiuto può generare. Anche se, col tempo, diverrà solo un rimpianto bruciante, lascierà un ricordo che non svanirà mai. ‘A ZANNUTÈLLE D’ì sartíne de Nucére(1) ère ‘a cchjù bbèlle,e pe soprannόme à chiamavene ‘a zannutèlle. A quattròrdece anne ère fèmmena fátte,e u cόre míje facéve cúm’e nu mátte. ‘A sère quánne asscéve d’a sarturíje,u cόre míje se mettéve in allegríje. Cercáve…
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Filastrocche lucerine per bambini
Sono una parte importante della cultura popolare, tramandate oralmente di generazione in generazione. Sono costituite da motivetti in rima, composte da un numero variabile di versi, usati per descrivere diverse situazioni di vita quotidiana, raccontando storie divertenti o insegnamenti morali. Ogni mamma e ogni nonna lucerina ne conosceva diverse che poteva richiamare in qualsiasi occasione per quietare, almeno per un po’, o per far addormentare i bambini; servivano anche a sviluppare la la loro fantasia e ad imparare, divertendosi insieme. Alcune, tra quelle molto in voga, venivano recitate, tenendo i bambini sulle ginocchia, facendoli saltallare al ritmo delle filastrocche stesse e la galoppata finiva aprendo le gambe, facendo finta di…
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L’anno scolastico di una volta e le vacanze dalla scuola a Lucera
È un argomento molto attuale perché a scuola fra poco inizieranno le vacanze natalizie. Il 1° ottobre, oggi è un giorno come tanti, ma per quelli della mia generazione era, invece, importantissimo perché era l’inizio della scuola. Allora non ci rendevamo conto di quanto fossimo fortunati, le vacanze, iniziate il 1° giugno, sembravano non finire mai, si sentiva quasi il bisogno che cominciasse la scuola, il caldo era quasi completamente passato e si sopportava un po’ meglio la costrizione del banco di scuola. I primi giorni erano riservati agli esami di riparazione degli alunni che erano stati rimandati ad ottobre. Ma già il 4 ottobre c’era, come di direbbe oggi,…
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I sapori della memoria: l’acqusale
L’acquasale è il piatto della memoria, dei ricordi d’infanzia, lo specchio del nostro passato. Una ricetta rustica e antica, ma anche, nella Lucera di una volta. Era il pasto della povertà, tipicamente estivo, perfetto da portate a tavola nei giorni più caldi e afosi. Ma i lucerini non disdegnavano di mangiarla anche nelle altre stagioni. Era una ricetta di riciclo, nata dall’esigenza di riutilizzare il pane raffermo, perché ‘a grazeje de Ddíje non poteva e non doveva essere buttata. Si prendeva ‘na stozzere de pane (un pezzo di pane rinsecchito), che veniva bagnato nell’acqua, (pane túste ‘mbússe), poi condito con prodotti naturali che si ottenevano a poco prezzo: prunílle, sale,…
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La canzone “Il mercenario di Lucera” di Pierfrancesco Pingitore
La canzone “Il mercenario di Lucera” è stata scritta nel 1967 da Pierfrancesco Pingitore, con musica di Dimitri Gribanowski. La canzone è stata interpretata da Pino Caruso, un noto attore e artista siciliano. Il mercenario, ex militare che aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana, era un personaggio reale, e fu presentato a Pingitore dal regista Gualtiero Iacopetti, che lo aveva conosciuto mentre girava “Africa addio”. Dopo questa conoscenza Pingitore scrisse la canzone. Ascanio Iliceto Il mercenario di Lucera di Pierfrancesco Pingitore Son morto nel Katanga venivo da Lucera.Avevo quarant’anni e la fedina nera.Di me la gente dice ch’ero coi mercenarisoltanto per bottino, soltanto per denari. Ora che sono steso, guardate…
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Quille face u portaquaglje ovvero il sensale dei matrimoni
Tra i mestieri scomparsi, un posto particolare merita quello d’u portaquaglje (del sensale di matrimoni), il precursore delle moderne agenzie matrimoniali. Il termine deriva, quasi sicuramente, dell’espressione francese porte-poulet (porta polletto), che indicava chi fungeva da “ruffiano” tra innamorati. Nel nostro vernacolo il termine è stato volgarizzato in quello più intrigante di portaquaglje. Quando il matrimonio era un affare di famiglia, i ragazzi e le ragazze difficilmente potevano conoscersi e frequentarsi come avviene oggi. Per la maggior parte delle ragazze, non c’era possibilità di muoversi liberamente; esse uscivano da casa in rare occasioni, come recarsi in chiesa per partecipare alle funzioni religiose, dai nonni, dagli zii o andare a prendere…
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Spigolature dialettali. La regina Taitù
Da ragazzo sentivo spesso mia madre e le vicine di casa, quando si riunivano pe tagghjà (spettegolare), e volevano sottolineare che una donna di loro conoscenza era particolarmente altezzosa ed arrogante, esclamare: SE CRÈDE D’ÈSSE ‘A REGGÍNE TAITÚ? (Ma chi si crede di essere quella là, la regina Taitù?). Nella mia ingenuità di ragazzino quel nome esotico mi faceva pensare a uno di quei racconti (nu cúnde) che nelle sere d’inverno gli adulti raccontavano attorno vrascíre (il braciere) a casa di mia nonna. Da adulto ho compreso che il dialetto lucerino è ricco di locuzioni e modi di dire che, spesso, chi li utilizzava fatica a comprenderne il significato e…
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I cecatìlle – Poesia di Enrico Venditti
Con un ritmo incalzante che sorregge sostantivi, aggettivi e verbi appropriati, l’avvocato Enrico Venditti, indicando ingredienti e modalità di preparazione, ci presenta in poesia i cicatìlle (le orecchiette). Pasta fresca, una volta fatta in casa, che può essere condita con ragù di carne, formaggio pecorino o ricotta dura o che può essere cucinata con le cime di rapa o il cavolo e condita con olio d’oliva. Una poesia ricca di significato che dà valore alla cultura culinaria di Lucera e della Puglia intera. L’avvocato non manca di richiamare ‘a farìne nèvere, una farina che si ricavava dal grano arso. A quei tempi, dopo la mietitura era concesso ai braccianti, lavoratori…