Memoria,  Storia & Archeologia

Gli arcieri saraceni di Lucera: intervista al prof. Amatuccio

La colonia saracena di Lucera, installata a partire dai primi anni 20 del XIII secolo e depopolata nell’agosto del 1300, vide tra le sue figure più famose gli arcieri. Abili combattenti nonché provetti artigiani diventarono celeberrimi grazie a Federico II Hohenstaufen, poi con suo figlio Manfredi e infine con i due angioini Carlo I e Carlo II d’Angiò.

Ne abbiamo discusso con il prof. Giovanni Amatuccio, Dottore di Ricerca e professore Associato di Storia Medievale.

Fatimid Ceramic Wall-Plaque of Archer from the Sabra Palace, 11th century
Arciere saraceno dell’XI secolo dalla Tunisia

Salve Professore, chi scrive è un suo estimatore da anni, decenni ormai. I suoi lavori come Mirabiliter Pugnaverunt, Peri Toxeias e la sua penultima fatica La Guerra dei vent’anni (1282-1302) sono a mio avviso pietre miliari della storia militare del mezzogiorno d’Italia. Posso chiederle da dove nasce il suo interesse per la storia militare?

Diciamo che si è trattato di una virtuosa congiuntura tra la mia formazione di storico, e l’annesso interesse per la storia medievale, con una passione coltivata da anni per il tiro con l’arco. Ad un certo punto l’arciere si è reso conto che, soprattutto in ambito italiano, esisteva poco o niente sulla storia dell’arcieria; allora lo storico si è messo al lavoro per cercare di colmare questa lacuna. È stato poi una naturale evoluzione l’estendere il lavoro di ricerca ad altri aspetti della storia militare del Medioevo, e soprattutto a quella del Mezzogiorno, anch’essa fino ad allora, tranne rare eccezioni, trascurata dalla storiografia nazionale.

Con questa chiacchierata vorremmo fare una rapida disamina di una delle figure più interessanti, e forse importanti per le sorti di alcune battaglie del XIII secolo, l’arciere saraceno di Lucera. Tra le altre cose si è occupato anche di arceria, che pratica da molti anni, no?

Ho ricordato in precedenza, come la storia dell’arcieria sia stato il mio primo amore nell’ambito della storia militare del Medioevo. Aggiungo che il mio lavoro di ricerca in tale ambito, sin dall’inizio si rivolse al Mezzogiorno italiano e più in generale all’area mediterranea. Mi resi subito conto che su tale argomento spadroneggiava la storiografia anglosassone che aveva costruito il mito dell’arciere inglese della guerra dei Cent’Anni e del suo longbow. Cercai di colmare tale lacuna dedicandomi a ricostruire le vicende degli arcieri nel Mezzogiorno, e gioco forza, l’attenzione si concentrò sugli arcieri di Lucera, una singolare “anomalia” della nostra storia meridionale, degna di essere meglio conosciuta e studiata. Mi dedicai, tra l’altro, allo studio dei numerosi trattati arabi sul tiro con l’arco, cercando poi riscontro nelle vicende dei nostri Saraceni.

Quale crede siano gli avvenimenti più importanti della storia degli arcieri di Lucera?

Senza dubbio il loro contributo alla vittoria delle truppe imperiali a Cortenuova, dove furono determinanti nel fiaccare le truppe della Lega con le loro volée di frecce, rendendole così vulnerabili alle cariche della cavalleria tedesca. Successivamente bisogna ricordare la tenace resistenza offerta all’assedio angioino del 1268-69, dove essi lottarono fino all’ultimo per difendere le proprie case e per onorare la loro fedeltà alla casa sveva.

Prof. Giovanni Amatuccio

Ritiene che Federico II, e in generale gli svevi, abbiano dato più “luce” a queste figure rispetto ai sovrani angioini fino alla famosa “depopulatio” dell’agosto del 1300?

Sebbene i combattenti musulmani “italiani” siano stati già prima al servizio dei Normanni, e successivamente anche degli Angioini, è chiaro che il loro periodo di massimo fulgore fu quello svevo, prima con Federico, fondatore della colonia di Lucera, e poi con il figlio Manfredi. Sotto di loro, erano onorati e rispettati come singoli e come comunità; successivamente, gli Angioni ebbero con loro un rapporto utilitaristico, nel senso che continuarono a utilizzare le loro capacità di combattenti, ma con un atteggiamento sempre sul filo del sospetto e della diffidenza in quanto considerati un corpo estraneo all’interno della Cristianità.

Ci sono diversi documenti che riferiscono di arcieri e balestrieri saraceni, sia come artigiani sia come combattenti. Cosa può dirci in merito?

Sì, a Lucera non vi erano solo combattenti arcieri, nei documenti del tempo si registrano anche lancieri e fanti generici. Inoltre, la città era un luogo di produzione di armi, in particolare archi e frecce, e macchine d’assedio. Queste ultime, poi, venivano spesso manovrate ed azionate proprio da Saraceni lucerini.

Le elites della città ovviamente non combattevano con arco e frecce, ma a cavallo ed erano veri e propri nobili nonché cavalieri e, a proposito di questo, sappiamo che l’ultima sua fatica riguarda proprio la cavalleria e della figura del cavaliere. Ce ne può parlare?

Dai documenti apprendiamo i nomi di diversi Saraceni divenuti milites. Si trattava di esponenti delle famiglie di maggiorenti della città, che insigniti del titolo di cavaliere assumevano il ruolo di comandanti delle truppe cittadine. Non sappiamo però fino a che punto essi acquisirono, in epoca angioina, anche i raffinati costumi della Cavalleria francese. Questa, impiantatasi dalla Francia nel Regno di Sicilia, aveva portato con sé i riti e le tradizioni – militari, ma anche letterarie e di costume – che si erano affermate in tutto il mondo cristiano. Come hai ricordato, il mio ultimo lavoro (“Antologia della Cavalleria”) riguarda proprio le tradizioni, i riti, i costumi e i valori cavallereschi, che caratterizzarono in maniera determinante tutta la società medievale. Esso cerca di fornire al lettore, attraverso la traduzione italiana di molti testi del tempo, la possibilità di attingere direttamente alle fonti per procurarsi uno sguardo diretto su tale fenomeno epocale.

Il nuovo libro del prof. Giovanni Amatuccio

Alessandro De Troia

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