
Gocce di memoria: i riti pasquali a Lucera (parte seconda)
La Domenica delle Palme
I riti pasquali veri e propri iniziavano la Domenica delle Palme che era vissuta tra diverse liturgie: scambiarsi, dopo la Messa, le palme, portate in Chiesa per la benedizione, come simbolo d’amicizia.
Esse, riportate a casa erano appese al calendario di Frate Indovino che stava quasi sempre in cucina oppure su un quadro di un’immagine sacra. Alcuni rami venivano conservati per essere donati a chi sarebbe venuto a far visita durante il pomeriggio.
La domenica delle Palme era anche il giorno in cui era tradizione fare pace; cioè c’era l’usanza di risolvere reciprocamente ogni divergenza con chi si era in discordia . In particolare le nuore offrivano la Palma alla suocera come un segno di umiltà e promessa di mantenere la pace in famiglia.
C’era, inoltre, una consuetudine più antica, che riguardava gli innamorati. Il fidanzato portava dalla chiesa la palma d’ulivo benedetta, e, l’innamorata, la buttava nel braciere, pronunciando il nome del fidanzato, seguito immediatamente dalla formula Palma bbenedètte, che víne ‘na vote a l’anne, me vole bbène púre auanne? (Palma benedetta, che vieni una volta all’anno, mi vuole bene anche quest’anno?). Se la palma bruciava immediatamente, la risposta era negativa, se, invece, cominciava a scoppiettare sui carboni, il fidanzamento era salvo.
Vi erano anche altre tradizioni in questo giorno come quella di iniziare le pulizie di primavera che consistevano nel rinfrescare i muri esterni ed interni delle case e procedere alla pulizia generale delle stesse abitazioni.

Il Precetto Pasquale e la Settimana Santa
Prima delle vacanze di Pasqua, tutte le scuole organizzavano il precetto pasquale, cioè i ragazzi venivano portati in chiesa per la confessione e la comunione. Durante la Settimana Santa, nelle chiese si coprivano con un telo tutti i simulacri e le campane venivano legate e per avverire i fedeli sullo svolgimento delle funzioni religiose venìva usato uno stumento in legno simile ai batacchi, le trozzole, consistenti in una striscia di legno pesante con un foro per l’impugnatura, con ai due lati avvitate due piastre con maniglie snodabili in ferro che sostituivano le campane che non suonavano più e ed era portate in giro da un sacrestano per le principali vie di Lucera.
Il Giovedì Santo a Lucera era tradizione “andare a fare i Sepolcri”. Infatti la tradizione voleva che un altare di ogni chiesa, a partire dalla Cattedrale, fosse addobbato in modo solenne, ornato di luci, fiori, drappeggi, e di candele accese, che nel linguaggio popolare veniva chiamato “Sebbùleche“, ma che in realtà erano l´Esposizione Eucaristica, con le ostie precedentemente consacrate.
A partire dalla sera del Giovedì Santo le strade di Lucera erano gremite di fedeli che silenziosamente visitavano le varie chiese (che per l’occasione restavano aperte tutta la notte), per recitare una preghiera e osservare il Sepolcro. Il rituale prevedeva che ogni fedele visitasse le chiese che preferiva, senza un ordine prefissato, purchè fossero tre, cinque (quante sono le piaghe di Cristo), sette (quanti sono i dolori della Madonna) altari, in ogni caso sempre in numero dispari.
La città di Lucera, il Venerdì Santo era caretterizzata da grande una processione penitenziale, che partendo dalla Basilica di San Francesco, si snodava per le vie della città, composta dai membri delle varie congreghe cittadine che indossavano i tradizionali abiti liturgici, con i volti coperti da cappucci, dal clero cittadino, dall’urna del Cristo morto e dalla statua della Vergine Addolorata, con la banda cittadina che eseguiva marce funebri.
A mezzogiorno del Sabato Santo le campane venivano ripristinate, con una cerimonia in Piazza Duomo che coinvolgeva i fedeli di ogna parrocchia.
Lino Montanaro

