Antropologia & Arte,  Memoria

I cecatìlle – Poesia di Enrico Venditti

Con un ritmo incalzante che sorregge sostantivi, aggettivi e verbi appropriati, l’avvocato Enrico Venditti, indicando ingredienti e modalità di preparazione, ci presenta in poesia i cicatìlle (le orecchiette).

Pasta fresca, una volta fatta in casa, che può essere condita con ragù di carne, formaggio pecorino o ricotta dura o che può essere cucinata con le cime di rapa o il cavolo e condita con olio d’oliva. Una poesia ricca di significato che dà valore alla cultura culinaria di Lucera e della Puglia intera.

L’avvocato non manca di richiamare ‘a farìne nèvere, una farina che si ricavava dal grano arso. A quei tempi, dopo la mietitura era concesso ai braccianti, lavoratori del fondo coltivato a grano di spigolare, ovvero raccogliere le spighe di grano che non erano state falciate o, benché falciate, erano cadute a terra. Dopo la spigolatura s’incendiavano le stoppie per preparare il terreno per la nuova semina. A quel punto la gente poverissima, per sfamarsi, entrava nei campi e raccoglieva le poche spighe di grano arso che erano rimaste sul terreno dopo la mietitura e la spigolatura.

La farina dei poveri che era considerata, da chi povero non era, una vera squisitezza. Oggi, per avere ‘a farìne nèvere il grano viene tostato, come si fa per il caffè; ma è tutt’un’altra cosa.

‘I CECATILLE

A farle nen ce vole propeje ninde:
acque, farine, sale e tavelire.
Ammasse, trimbe,
e faje ‘na zuculèlle de paste,
quèsta à tagghje a piezze a piezze
(a piezze curte cume e tanta dète)
e ‘ngave i piezze cume e cappuccètte.
Po’ doppe l’aia arrengà, ccussì s’asciùghene.
E dinte a cavedare, a u prime vulle,
mìnele e falle coce bèlle bèlle;
però ogne tante prùvene quaccune
canz’anna sfa e n’anne ésse tuste,
ma sulamènte rumanì calluse.
Doppe che l’haje cacciate,
apprime i scule ‘nda scolammaccarone e po i menistre.
Dint’a zuppire i cunze che rragù
Frummagge pecurine; e mitte tàvele.
I puje fa pure c’a recotta toste
(ma tanne anna èsse de farina nèvere)
o mmiskate chi vrucchele e che l’ugghje
Nte diche, sora mia, che te magne!
Va la fa ‘na pietanze cchiù saprite!

LE ORECCHIETTE

Preparare le orecchiette è cosa da niente:
occorre acqua, farina, sale e una spianatoia.
Fai un impasto con l’acqua e la farina,
lavoralo affondando i pugni, e realizza un cordoncino di pasta, poi taglialo a tocchetti
(devono essere pezzi corti simili a dita)
che vanno lavorati, facendoli richiudere su sè stessi in una forma concava.
Poi vanno messi in fila sulla spianatoia, in modo che si asciughino.
Esse vanno versate in una pentola con molta acqua appena inizia il bollore,
facendole cuocere al punto giusto;
è opportuno assaggiarne qualcuna ogni tanto
in modo da evitare che siano poco cotte o diventino scotte,
devono essere sempre al dente.
A cottura ultimata le orecchiette vanno versate
in uno scolapasta per essere scolate e condite
in una zuppiera con il ragù
ed il formaggio pecorino; poi vanno portate in tavola.
Possono essere condite con la ricotta stagionata
(ma in questo caso la farina deve essere essere di grano arso)
o cucinate con broccoli e olio.
Non puoi immaginare, mia cara, che squisitezza ti mangi!
È’ difficile cucinare una pietanza più gustosa!

Lino Montanaro

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