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I restauri ottocenteschi della Cattedrale – Intervista a Massimiliano Monaco

Le informazioni relative ai famosi restauri dell’Ottocento che hanno dato l’attuale aspetto alla Cattedrale di Lucera sono spesso frammentarie e poco note. Un primo tentativo di analizzare ciò che accadde tra il 1878 e il 1892 è già stato intrapreso dalla dott. ssa Carannante dell’Università La Sapienza di Roma, mentre recentemente un interessante articolo di sintesi è stato presentato dal dott. Massimiliano Monaco, che ci ha gentilmente permesso di fargli qualche domanda in merito.

Massimiliano Monaco, lucerino e fecondo ricercatore in materia di storia patria, ha scritto, articoli, saggi, guide e monografie per diverse collane ed è membro di importanti organizzazioni e associazioni, tra queste basti citare la Società di Storia Patria per la Puglia e l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano.

Ciao Massimiliano, intanto ti ringraziamo per questa chiacchierata sul tuo ultimo contributo appena pubblicato negli Atti del 42° Convegno sulla Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia. L’argomento è di particolare rilevanza sia perché riguarda un monumento simbolo della città, sia perché mette in luce molti aspetti ancora poco noti sulle vicende relative ai famosi restauri di fine Ottocento della cattedrale di Lucera.

I lavori riguardarono sia l’interno che l’esterno del monumento. In che arco temporale si protrassero e quali furono gli interventi di maggior rilievo?

M – I lavori furono diretti da due giovani ispettori della Direzione generale per le Antichità e le Belle Arti, diretta da Giuseppe Fiorelli: Francesco Bongioannini, che coordinò la prima fase dei lavori, e Giacomo Boni, che ne diresse la seconda fase.

Gli interventi si protrassero dal 1878 al 1892 e interessarono dapprima l’interno della chiesa e successivamente l’esterno. Né la facciata che oggi ammiriamo, né la copertura a capriate lignee furono interessate dai lavori, mentre lo furono le due pareti laterali dell’edificio, che videro il restauro di tutte le monofore.

Gli interventi di maggior rilievo furono la demolizione delle volte sulle navate laterali e la loro ricostruzione ad una quota più bassa; lo spostamento del quattrocentesco tabernacolo eucaristico che corredava la mensa eucaristica centrale in fondo alla chiesa; l’abbattimento delle stanze superiori e della scala di accesso alla sacrestia e la costruzione della nuova copertura del locale; la scomposizione dei pavimenti in mattoni e degli scalini in marmo delle navate longitudinali e la costruzione del pavimento in lastre calcaree tagliate a quadroni e degli scalini in pietra calcarea; la scomposizione del pavimento e della balaustrata del presbiterio e delle absidi minori e del banco di marmo del trono vescovile; la scomposizione dei cassettoni in legno; la ricostruzione dei due vani di testata della nave traversa (transetto), con la riduzione delle due bifore nella stessa forma e dimensione di quella presente nell’abside centrale (che non fu interessata dai lavori); la scomposizione degli altari in marmo sottostanti ai detti due vani; la scomposizione delle basi in marmo di tutti i pilastri e la loro ricostruzione in pietra; il riposizionamento all’interno degli incavi venuti alla luce durante i lavori, delle colonne di marmo verde antico di sostegno ai tre archi trionfali di accesso alle tre absidi; la sostituzione dei finestroni della nave traversa e delle absidi minori e l’intonacatura delle pareti.

L’ultima fase dei lavori, prima della riapertura al pubblico, vide la demolizione delle quattro cappelle esterne addossate ai fianchi della cattedrale, ossia l’oratorio dell’Annunziata (a sinistra guardando la facciata), di S. Maria di Costantinopoli (a destra), nonché le retrostanti cappelle laterali delle Arciconfraternite del SS.mo Sacramento o dei Bianchi (a sinistra) e di S. Maria della Misericordia o della Morte (a destra) e il conseguente restauro della facciata laterale nord (1891-1894) e di quella sud (1895) della basilica.

Il 15 agosto 1892, solennità della Vergine Patrona, la chiesa episcopale veniva finalmente riaperta al culto.

L’idea di restauro di fine Ottocento era completamente diversa da quella odierna. Leggendo e analizzando le carte, che idea ti sei fatto delle visioni degli ingegneri che si susseguirono tra progetti e lavori?

M – I lavori di cui parliamo avvennero in un periodo cruciale per la formazione di una coscienza conservativa e per l’organizzazione del servizio di tutela dei monumenti nazionali, in assenza di un organo di sovrintendenza locale e prima ancora della stesura, ad opera dello stesso ing. Bongioannini, della prima Carta italiana del restauro (D.M. 21.7.1882), che rappresentò il primo provvedimento sui restauri degli edifici monumentali del Regno. Si era in una fase problematica dell’evoluzione del restauro dei monumenti, caratterizzata da travagliate riflessioni sui grandi restauri fino ad allora, non senza polemiche, compiuti (Basilica di San Marco a Venezia, Palazzo reale di Genova, Duomo di Orvieto, Cappella Palatina di Palermo, Duomo di Monreale, Duomo di Cefalù, Duomo di Parenzo) e si stava impostando il superamento dell’attività di ripristino in stile a favore di più equilibrati interventi (guidati da approfonditi studi sulle fabbriche) che avrebbero determinato l’avvio della stagione del cosiddetto “restauro filologico”.

Anche per questo, una costante riscontrabile in tutte le fasi di restauro della cattedrale lucerina è la mancanza della registrazione dello status ante della fabbrica, quindi del rilievo di questa, come fase preparatoria per le operazioni di restauro. Nonostante ciò, è interessante notare come nelle relazioni e nel carteggio relativo ai restauri emerga, soprattutto nella seconda fase, la volontà di compiere dei saggi di studio per comprendere la reale conformazione degli elementi da restaurare e, quindi, fornire una base scientifica al lavoro in corso di realizzazione.

L’aspetto della cattedrale fu completamente stravolto?

M – Non c’è dubbio. La consistenza dell’arredo liturgico complessivo interno alla chiesa non è stato ancora definito in maniera esausativa, ma basti dire che al momento dell’avvio dei lavori di restauro, all’interno alla sola navata trasversale vi erano le seguenti cappelle con altari:

  1. altare di Santa Maria Patrona;
  2. altare del Compatrono San Rocco;
  3. altare maggiore (rivestito di marmi bianchi) all’interno di una balaustrata in preziosi marmi policromi settecenteschi;
  4. altare dell’Ultima Cena con tela cinquecentesca di scuola veneziana;
  5. altare dei Duchi Gagliardi di Montecalvo con tela della Madonna della Seggiola tra i santi Nicola e Giovanni Battista del 1555;
  6. altare di Sant’Anna, di patronato della Famiglia Mozzagrugno (nei pressi della monumentale arca tombale del 1605);
  7. altare della Famiglia Spatafora, con altare del Crocifisso;
  8. altare dei Giannino, con altare e tela del Crocifisso e San Francesco;
  9. altare dei Galluccio d’Apice (già di patronato della Famiglia Monaco), con affresco del Santo volto occultato dalla tela di S. Francesco e S. Giovanni Evangelista ai piedi del Crocifisso;
  10. altare della Famiglia Campana;
  11. altare della Famiglia Scassa, con tomba monumentale adibita a pergamo e altare di Michele Salemme (1773);
  12. altare della Famiglia Caropresa (già dei Palmeriis), con tela cinquecentesca dell’Assunta tra i Santi Nicola e Giovanni evangelista di Fabrizio Santafede;
  13. altare di S. Antonio della Famiglia Del Vecchio;
  14. altare di S. Tommaso, fondato dalla Famiglia Pascale, poi passato al Monte di Pietà e quindi ai d’Afflitto,

L’intervento fu pertanto deciso e determinato, quale solo due illustri tecnici di fiducia del Ministero potevano concepire e organizzare, ma fu anche rigorosamente imposto alla comunità e, soprattutto, al clero lucerino. Il titolo dell’articolo “Da Real Basilica a Duomo monumentale” vuole sintetizzare proprio questo aspetto.

Dal tuo scritto si evince che ci furono delle proteste relative all’abbattimento delle cappelle laterali, cosa ci puoi dire in merito?

M – Come detto, accanto alle due pareti longitudinali dell’edificio medievale, tra fine Quattrocento e inizi Seicento erano stati aggiunti, con scarsa organicità, quattro ambienti confraternali. Si trattava delle cappelle di S. Maria di Costantinopoli e di S. Maria della Misericordia o della Morte sul lato meridionale (a destra guardando la facciata) e delle cappelle del SS. mo Sacramento e della SS. ma Annunziata sul lato settentrionale (a sinistra guardando la facciata). In adiacenza a quest’ultima cappella era stato edificato anche un supportico (detto “Arco delle Orfanelle”) che univa l’oratorio all’attiguo Conservatorio della SS.ma Annunziata.

L’intento di abbattere i vani esterni trovò una serie di opposizioni da parte dei proprietari delle cappelle (le Arciconfraternite del SS. Sacramento o dei Bianchi e quella di S. Maria della Misericordia o della Morte, la Congregazione di Carità, erede del Conservatorio della SS.ma Annunziata e il Capitolo della Real Cattedrale).

Formalizzata la cessione delle cappelle esterne, nel 1889 il Consiglio comunale di Lucera, lodando i sentimenti «patriottici» dei proprietari delle cappelle laiche (la Congregazione di Carità per l’oratorio della SS.ma Annunziata, la Reale Arciconfraternita della Misericordia per la cappella della Morte e la Reale Arciconfraternita dei Bianchi per l’oratorio del SS. Sacramento, detto anche del Crocifisso), deliberava con voto unanime l’abbattimento delle stesse e l’ampliamento delle due strade adiacenti: via Annunziata e via Costantinopoli. Quanto alla quarta cappella, il Capitolo della Real Cattedrale, a differenza degli altri tre Stabilimenti, si oppose all’abbattimento della propria cappella di S. Maria di Costantinopoli, che fungeva anche da “sacello” dei vescovi, presentando un ricorso alla Giunta Provinciale Amministrativa, che fu rigettato per difetto di competenza.

A causa di questi ritardi, le cappelle poste sul lato settentrionale (dell’Arciconfraternita dei Bianchi e della SS.ma Annunziata) vennero demolite prima dell’aprile 1890 e quelle poste sul lato meridionale (dell’Arciconfraternita della Morte e del Capitolo Cattedrale) furono abbattute dopo tale data.

Ti ringraziamo per tutte queste interessanti notizie e rimandiamo i lettori all’articolo di Massimiliano Monaco, “Da Real Basilica a Duomo monumentale. Francesco Bongioannini, Giacomo Berti e i restauri di fine Ottocento alla cattedrale di Lucera” in A. Gravina (a cura di), Atti del 42° Convegno sulla Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia. San Severo 2021, San Severo 2022, pp. 135-163.

Alessandro De Troia

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