Antropologia & Arte,  Memoria

Il servizio militare obbligatorio

L’obbligatorietà del servizio di leva, prevista dalla Costituzione della Repubblica Italiana nei modi e nei limiti stabiliti dalla Legge, è stata abolita dall’1 gennaio 2005, come deliberato dalla legge 23 agosto 2004, n. 226. Sul finire del secolo scorso, prima dell’abolizione definitiva dell’obbligatorietà, il servizio militare poteva essere svolto come servizio civile.

Quindi, fino  a pochi anni fa i ragazzi di Lucera, compiuti i vent’anni, dopo aver ricevuto la cartolina precetto, “AVÈ ‘A CARTULÍNE”, erano chiamati a compiere il dovere del servizio militare. Si poteva partire per soldato dopo i vent’anni solo se il ragazzo era impegnato negli studi, ma occorreva partire appena raggiunti i ventisei anni. I ragazzi, cartolina alla mano, andavano al distretto militare di Foggia, dove erano sottoposti prima ad una visita medica e poi ad un colloquio attitudinale per essere ritenuti validi o meno a svolgere il servizio. Succedeva che alcuni, per motivi legati alla salute o a qualche handicap fisico, erano “scartati“.

Un modo di dire dialettale recitava “SE JJÚTE A PEGGHJÀ ‘A MESÚRE” che letteralmente si traduceva con “È andato a prendere la misura”. Come prima cosa ti prendevano la misura dell’altezza: se non avevi un’altezza minima di m. 1,50, eri riformato. Essere “riformati” era motivo di vergogna e causa di non pochi problemi con l’altro sesso. Le ragazze che volevano sposarsi, infatti, pretendevano un matrimonio, in cui i soldi e le proprietà erano importanti, ma era anche indispensabile avere un marito in buona salute. Da qui il modo di dire “NZI BBÙNE P’U RRÈ E MÁNGHE PE MMÈ” con il significato “Chi non é valido per la leva, non è buono neppure come maschio”. Era questa la spietata risposta delle ragazze a chi, essendo stato non idoneo per il servizio di leva, chiedevano loro di fidanzarsi.

Il servizio militare era un periodo, come gli anni delle scuole superiori, che si sarebbe ricordato per tutta la vita. E il tempo di leva, lontano di casa, era considerato dai genitori (sicuramente dai padri) un modo per imparare a gestirsi, una finestra sulla vita.

Lino Montanaro

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