Memoria

La granita ovvero ‘a gratta marianne a Lucera

Una volta, prima che il ghiaccio fosse prodotto artificialmente, esistevano nel Sub Appennino e nel Gargano i nevére (le neviere), scavate nella roccia o ricavate in grotte naturali, dove era conservata la neve caduta durante l’inverno.

Dopo un’abbondante nevicata, la neve pulita, raccolta e portata in questi anfratti, era pigiata, livellata e ridotta in strati per formarne blocchi di ghiaccio, separati da strati di paglia. In estate, i blocchi, coperti da sacchi di iuta, raggiungevano il più velocemente possibile i vari negozianti, a dorso di muli o con carretti, per evitare che si sciogliessero. Costoro rivendevano il ghiaccio, a blocco intero o a pezzi, a tutti per la conservazione dei cibi, che in estate si deterioravano facilmente, e per rinfrescare le bevande. E al chiosco de sóp’u Cullègge (vicino al Convitto) che vendeva ‘a grattamarianne (la granita), che qualcuno dice fosse un sorbetto di tradizione saracena.

Sull’origine del nome esistono varie ipotesi. Una lo fa risalire, ai tempi di Gioacchino Murat re di Napoli, a “Marianne“, rappresentazione femminile della Repubblica francese, nata con la rivoluzione del 1789. Un’altra al nome di una fantomatica venditrice di granite, chiamata Marianna.

In ogni caso, nella Lucera di una volta, quando il caldo si faceva ossessivo, e trovare un po’ di refrigerio era impellente, il sorbetto risolveva il problema di tutti, per la gioia di piccoli e grandi. L’imbonitore, al momento di prepararlo, grattava u cannúle (il blocco di ghiaccio) c’a raspe (con la raspa), una pialla metallica dalla lama tagliente, capace di contenere nel vuoto del suo interno la quantità di ghiaccio da riversare in un bicchiere e da condire c’u sènze (con l’essenza) al gusto di limone, arancia, menta, amarena, tamarindo e anice.

Durante ‘a féste d’aúste (la festa di agosto) non potevano mancare le bancarelle che vendevano ‘a grattamarianne; la più famosa era quella di Ggenerose u pulímme (Generoso “puliamo”), così soprannominato perché normalmente faceva il lustrascarpe.

Durante il secolo scorso, l’attività della raccolta della neve fu abbandonata per la comparsa di apparecchiature elettriche che producevano ghiaccio. Così a Lucera, come in altre città, sorse ‘a frabbeche d’u ghiacce, abbasce ‘a stazzióne, (fabbrica del ghiaccio, in via Montesanto), di proprietà Strazzella, dove il ghiaccio artificiale era prodotto utilizzando l’ammoniaca in stampi pieni d’acqua. Poi fu introdotto, per la triturazione del ghiaccio, un macinino con manovella laterale, a rotella, che mandò in pensione ‘a raspe.

Come tanti altri mestieri, quello del venditore di grattamarianne non esiste più, ma il rito estivo della granita è rimasto radicato nella cultura popolare. E’ rimasto anche il modo di dire: Ggratte ggratte Marianne, cchjù ggratte e cchjù gguadagne, come invito ad intensificare il lavoro per guadagnare di più. Una variante invernale era rappresentata d’a zerubbètte (dalla granatina), fatta di neve fresca condita con il vincotto, chiamata anche ‘a néve c’u mustecútte (neve con il mosto cotto).

Lino Montanaro

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.