La visita a Lucera di un frate toscano nel 1576
Nell’ottobre 1576 il frate appartenente all’ordine dei Domenicani Serafino Razzi (1531-1613), in uno dei suoi numerosissimi viaggi, si ritrovò a passare per Lucera. Il frate toscano fu anche noto scrittore ed ebbe una certa notorietà come memorialista. A 18 anni entrò nell’ordine e da quel momento compose più di cento opere sui più svariati argomenti. Tra i suoi manoscritti ne abbiamo uno superstite, edito da Monica De Rosa e custodito presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, in cui descrive il suo “viaggio adriatico” passando per l’Abruzzo, il Molise e la Puglia. Ed è proprio durante questo viaggio, che si protrasse per cinque anni (1572-1577), che il domenicano visitò la nostra città.
Il frate giunse a Lucera (che lui chiama Nocera) la sera dell’8 ottobre 1576 arrivando da Foggia. Si stabilì presso il Convento dei Domenicani (oggi attuale caserma dei Carabinieri) e lo descrisse con grandi elogi, così come la chiesa. Vide l’altare dedicato al beato Agostino Kazotic (all’epoca i suoi resti erano ancora custoditi presso San Domenico) e incontrò Maestro Iacopo, che allora teneva le redini del Convento. Purtroppo non si soffermò su molti dettagli della città, infatti non descrive né la cattedrale né la fortezza, ma ci tenne a precisare la “cattiva aria” estiva della città a causa degli acquitrini che la circondavano.
Vi lasciamo alle parole dello stesso Serafino, buona lettura!
Il lunedì mattina a gli 8 di ottobre, detta la messa, partimmo alla volta di Nocera, dodici miglia lontana da Foggia, vi arrivammo poco dopo Vespro. Il convento dell’Ordine nostro in Nocera è così bello, e magnifico che non habbiamo veduto in tutta la Puglia un altro più bello, e singolarmente apparisce bella la chiesa, con certo numero di altari, disposti con proporzione, et ordine. Uno dei quali è dedicato al beato Agostino di Dalmazia, Vescovo di detta città di Nocera, e frate dell’Ordine nostro, sepolto in detta cappella, con assai miracoli d’ogni intorno, e specialmente circa la liberazione delle persone indimoniate.
In questo convento è un Maestro Iacopo, padre di singolare erudizione, e prudenza: il quale tiene detto convento benissimo, nello spirituale e nel temporale. Et è rifugio di quanti giovani vogliono attendere alle lettere. Non predica, ma nelle dispute e nella lettura vale assai. E biasima quei Maestri che marciscono nell’ocio, e non si essercitano in comunicare la scienza loro, senza invidia, a gli altri prossimi loro. A noi usò molte cortesie, e ci fece molte offerte, che Nostro Signore lo prosperi nella grazia sua. Amen.
Il martedì mattina, levato che fui, a gli 9 d’ottobre, nell’uscire di camera, trovai un fratino, allevato dal predetto Maestro Iacopo, il quale da una mano teneva un candido vaso pieno d’acqua, e dall’altro un bacile pure di candida terra, et in ispalla un mondo, e pulito sciugatoio, e convenne che io quivi mi lavassi le mani, e il volto. Dopo celebrai la sacra messa all’altare del beato Agostino, di cui ciaschedun’anno, alli 3 d’agosto, celebrano questi padri la festa e ne fanno l’officio.
Poscia fatta collazione, partimmo di Nocera, città di cattiva aria la estate, per cagione di certi paduli che le stanno d’attorno, ne inviammo alla volta di San Severo, distante da Nocera dieci miglia, et arrivatici a buon’hora, fummo con ogni amorevolezza ricevuti, e ben trattati dal p. Vicario di certo luogo, che qui tiene l’Ordine nostro, poco fuori di detta città, p. fra Alessandro da Trani.
Alessandro De Troia