
Le origini della ricognizione aerea
Pubblichiamo il contributo di Luigi Iacomino, storico dell’aviazione in Capitanata e Presidente del Gruppo Modellistico Ricerche Storiche Foggia, presentato durante la conferenza “Archeologia aerea tra passato presente e futuro” organizzato da Archeoclub d’Italia – Sede “Minerva” di Lucera e Gens Capitanatae APS.
Il 17 dicembre 1903, sulla spiaggia di Kitty Hawk, nello stato americano della Carolina del Nord, i fratelli Orville e Wilbur Wright effettuarono con successo il primo volo di una macchina motorizzata “più pesante dell’aria” con pilota a bordo. Quel giorno il loro biplano, a cui avevano dato il nome di Flyer, si alzò in volo per quattro volte, in modo duraturo e sostanzialmente controllato, segnando di fatto la nascita dell’aviazione.
Sin da subito l’aviazione cominciò a fare proseliti, soprattutto in Francia, dove iniziarono ad essere realizzati i primi velivoli da parte di vari progettisti. Uno di questi, Leon Delagrange, giunto in Italia nella primavera del 1908, il 15 maggio effettuò a Roma il primo volo di un velivolo a motore; a questo fecero seguito quello dell’11 giugno a Milano e, infine, l’altro dell’8 luglio a Torino.
Il 9 febbraio 1909 venne costituito a Roma il primo Circolo Aviatori e, il 1 aprile successivo, giunse nella capitale Wilbur Wright con il suo biplano Flyer n°4. Due settimane dopo il suo arrivo, Wright effettuò il primo decollo di un aereo in Italia dal campo di Roma – Centocelle, compiendo un volo di dieci minuti ad un altezza di 30 m.
Il giorno successivo Wright iniziò l’addestramento dei suoi due primi allievi piloti: il tenente di vascello della Regia Marina Mario Calderara, che ottenne il brevetto di volo n°1 in Italia, e il tenente del Genio del Regio Esercito Umberto Savoia. I voli continuarono regolarmente e, il 24 aprile successivo, Wilbur Wright portava in volo la contessa Mary Macchi di Cellere, la prima donna italiana ad aver volato su un aeroplano a motore.
Terminato la sua permanenza in Italia Wright fece rientro negli Stati Uniti vendendo il suo biplano, per la cifra di 25.000 Lire, al maggiore Moris, che lo diede in uso al Circolo Aviatori di Roma. Nella terza decade dell’agosto 1911 si svolsero nel Monferrato le manovre del Regio Esercito, con la partecipazione di dodici aeroplani, ai quali era stata affidato il compito che prima era di pertinenza della cavalleria: osservare e sorvegliare i movimenti dell’avversario.

15 aprile 1909. Wilbur Wright decolla con il suo Flyer n°4 dal campo di Roma – Centocelle.
L’esperimento del Monferrato fu materia di studio che suscitò notevole interesse, specie riguardo all’aspetto logistico e sul funzionamento dei reparti di volo. Nell’autunno dello stesso anno l’Italia stava per vivere la sua seconda avventura africana, dopo la sfortunata esperienza culminata in Abissinia, ad Adua; questa volta si trattava della Libia, allora facente parte dell’impero ottomano, con il quale i rapporti non potevano dirsi ottimali.
In data 28 settembre, con un dispaccio “riservatissimo”, lo Stato Maggiore del Regio Esercito ordinò l’approntamento di una flottiglia di aeroplani da mettere a disposizione del corpo d’armata speciale destinato in Tripolitania e Cirenaica.
Alla flottiglia costituita dal personale del Battaglione Specialisti del Genio destinata in Tripolitania, comandata dal capitano Carlo Piazza e che prese il nome di 1^ Flottiglia Aeroplani di Tripoli, vennero assegnati undici piloti e nove velivoli; il 22 ottobre 1911, il capitano Piazza decollò con uno dei velivoli della Flottiglia, per effettuare la sua prima missione di guerra.
Fin dall’11 novembre Piazza, intuendo l’utilità di documentare fotograficamente il risultato delle ricognizioni, chiese a Roma una macchina “Bebè Zeiss”, adatta all’utilizzo in volo.
Ne sollecitò l’invio nei mesi successivi e finalmente riuscì, il 23 febbraio 1912, ad averne una in prestito dalla Sezione fotografica del Genio; la sistemò a bordo con l’obiettivo rivolto in basso, e non potendo con una sola mano cambiare le lastre, dovette accontentarsi di eseguire una sola fotografia in ogni volo.
Nasceva così la fotografia aerea bellica, alla quale si aggiunse presto anche la topografia.
Lo schizzo topografico al 200.000 della zona di Tripoli fino al Garian era quanto mai impreciso; siccome se ne stava stampando una seconda edizione presso il Comando in Capo, il capitano Piazza predispose una serie di ricognizioni a carattere topografico descrittivo della zona.
Gli schizzi fatti in volo furono di grande aiuto per il Comando ed a quel lavoro si dedicò con grande impegno il capitano Moizo, appartenente allo Stato Maggiore; così ad iniziativa degli aviatori, l’aereo trovava un altro utilissimo impiego per le necessità operative delle truppe.

La ricognizione aerea in Capitanata
Pochi anni dopo le esperienze maturate nel conflitto italo – turco, l’aviazione e la ricognizione aerea tornarono a far sentire la propria importanza nel corso della prima guerra mondiale, divenendo l’ago della bilancia per la conduzione di tattiche e strategie, grazie alla rapida evoluzione della tecnologia aeronautica che consentiva ai velivoli di operare con crescenti prestazioni (quota, velocità, equipaggio etc).
Nel 1915, con la realizzazione dei primi insediamenti aeronautici nell’area di Foggia (aeroporto di Foggia Sud, campi di volo di Foggia Nord e Ovest, idroscalo di San Nicola di Varano), da parte delle aeronautiche del Regio Esercito e Regia Marina, anche la Capitanata venne coinvolta nelle operazioni di ricognizione e mappatura aerea del territorio.

Un bombardiere biplano trimotore Caproni Ca.3 in volo.
Si trattava di attività volte sia all’addestramento degli equipaggi di volo dei bombardieri Caproni Ca.3 italiani, statunitensi, inglesi e francesi, per l’identificazione degli obbiettivi da colpire e relative documentazioni sui danni inferti nel corso delle incursioni, che delle attività di propaganda inerente i reparti impegnati nell’addestramento.
Ultimo, ma non meno importante, delle aggiornamento delle mappe e cartografie redatte dall’Istituto Geografico Militare del Regio Esercito Italiano.
Inoltre, grazie alla disponibilità delle prime macchine fotografiche personali portatili, soprattutto da parte di alcuni allievi piloti italiani e Cadetti americani, fu possibile raccogliere un prezioso patrimonio di immagini non istituzionali.

Veduta aerea dell’aeroporto di Foggia Sud (Gino Lisa), nel 1917. Foto scattata da un Cadetto americano.
Di seguito sono visibili l’idroscalo di San Nicola di Varano in una foto di uno dei piloti ivi basati, e la città di Foggia fotografata dall’alto da un allievo pilota di bombardiere Ca.3 della locale scuola nel 1918.


Terminata la guerra, e con la relativa smobilitazione dei reparti militari, anche l’attività aerea in Capitanata andò gradualmente scemando.
Rimasero in attività il solo aeroporto di Foggia Sud, intitolato nel 1921 alla M.O.V.M “alla memoria” Gino Lisa (Aviazione del Regio Esercito), e l’idroscalo di San Nicola di Varano, che sempre nello stesso anno venne intitolato alla M.O.V.M. “alla memoria” Ivo Monti (Aviazione della Regia Marina).

Mappa delle rotte per le linee civili nei primi anni ’20.
Il 28 marzo 1923, con la costituzione della Regia Aeronautica quale terza forza armata indipendente del Regno d’Italia, le attività di volo sul Gino Lisa andarono progressivamente incrementandosi e l’aeroporto, oltre a diventare sede della Scuola Caccia Terrestre, iniziò anche a essere tappa di importanti manifestazioni aeree, scalo per linee aeree e sede di una scuola di volo per piloti civili.
Nel 1926 l’emanazione di diversi Decreti Legge, volti a regolare e favorire le attività della Regia Aeronautica, portarono al potenziamento della stessa sul territorio della Capitanata.
Oltre alle due importanti opere per l’ampliamento che interessarono il Gino, vennero emanati i progetti per diversi Campi di Fortuna, piccoli aeroporti situati sul territorio della Capitanata la cui realizzazione e manutenzione ricadeva economicamente sull’Ente Provincia di Foggia.

L’ingresso dell’aeroporto Foggia – Gino Lisa verso la fine degli anni ’20.
Al fine di poter identificare e mappare le aree idonee alla realizzazione di questi campi di fortuna, oltre che di aggiornare le mappe dell’Istituto Geografico Militare, venne basata sul Gino Lisa la 42^ Squadriglia Osservazione Aerea della Regia Aeronautica.
Dotata di velivoli attrezzati per la fotografia e cartografia aerea, con un equipaggio misto Aeronautica/Esercito, la 42^ Squadriglia effettuò un’intensa e eccellente attività che permise l’individuazione dei siti idonei alla realizzazione dei Campi di Fortuna, e gettò le basi per quello che alcuni anni dopo sarebbe diventato l’importantissimo Foggia Airfield Complex.
Il suo silenzioso e apprezzato lavoro, inoltre, venne anche utilizzato nell’ambito dell’importante progetto denominato “La Grande Foggia”, portato avanti durante gli anni del ventennio del Regime Fascista.
Questo prevedeva, oltre la costruzione di edifici monumentali siti nel capoluogo dauno, anche quelli di insediamenti industriali, militari, borgate rurali e infrastrutture stradali e ferroviarie, che richiedevano per la loro realizzazione una accurata cartografia del territorio.

Un C.R.30 Scuola Caccia sorvola un Campo di Fortuna.

Foggia fotografata da un velivolo della 42^ Squadriglia Osservazione Aerea nel 1937.
Con l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, vista la sua importanza strategica per via del suo complesso di aeroporti e strutture ferroviarie, Foggia e la sua provincia furono sottoposte a un’intensa attività di ricognizione da parte degli angloamericani.
Dotate di potenti e accurate macchine fotografiche montate su veloci velivoli veloci, capaci di raggiungere quote molto elevate, a partire dai primi mesi del 1943 i reparti da ricognizione monitorano costantemente il territorio della Capitanata.
Si trattò di un lavoro svolto con una certosina metodologia, a cui nulla pareva sfuggire, e che mostrò tutta la sua importanza nel corso delle incursione dell’estate 1943.
Dopo la conquista della Capitanata da parte dei reparti dell’8^ Armata Britannica, avvenuta negli ultimi giorni del settembre 1943, prima la RAF, e successivamente la 15Th AAF, stabilirono il proprio centro di Intelligence e analisi delle foto aeree scattate dalla ricognizione aerea nella città di San Severo, presso l’attuale Istituto Comprensivo “E. De Amicis”.

Foto scattata su Foggia, il 24 luglio 1943, da un ricognitore della 12Nd AAF statunitense. La foto mostra un cropmark di Arpi dell’età del ferro (a sinistra) e il terrapieno medievale di S. Lorenzo (in alto a destra).
Presso questo istituto scolastico, nell’ambito della missione del 4 aprile 1944, vennero sviluppate e analizzate le foto che portarono alla scoperta del campo di concentramento di Auschwtiz.
Tra i cartografi e fotointerpetri del Royal Intelligence Corps che operavano presso questo istituto era presente, dal gennaio 1944, anche l’ufficiale, storico e archeologo britannico John Bradford.
Osservando e analizzando le fotografie scattate dai ricognitori Bradford, cui si deve la prima applicazione delle tecniche di archeologia aerea, di cui è stato un indiscusso pioniere, intuì che le fotografie dall’alto rivelavano la presenza di siti archeologici nell’area del Tavoliere delle Puglie.

Foto scattata da un ricognitore Mosquito del 682 Squadron RAF, nell’area di Amendola, il 19 agosto 1943.
Dopo la guerra Bradford fece ritorno in Capitanata per effettuare diverse ricerche sul campo che, confermando le sue intuizioni, aprirono la strada alla valorizzazione archeologica della Daunia.
ra la fine degli anni ’40 e i primi ‘50, John Bradford guidò gli scavi in Puglia come Field Director dellaBritish Archaeological Expedition to Apulia, un progetto sponsorizzato dalla Society of Antiquaries di Londra.
Nei primi anni 2000 l’archeologa Francesca Radcliffe Franchin (biografa ufficiale di John Bradford) fu protagonista, unitamente ad altri studiosi appartenenti a diverse università italiane e straniere, di una campagna di archeologia aerea sulla Capitanata effettuata con il supporto di velivoli, piloti e personale dell’Aero Club Vito Petruzzelli di Foggia.
Alcuni anni dopo, in occasione del trentennale della scomparsa di John Bradford, l’editore foggiano Claudio Grenzi pubblicò il volume curato da Francesca Radcliffe Franchin dal titolo “Paesaggi sepolti in Daunia. John Bradford e la ricerca archeologica dal cielo 1945/1957”.

A destra, con il capotto scuro, John Bradford.

Il P66C Marche I – IAAA (Triplo Alfa) dell’Aero Club “Vito Petruzzelli” di Foggia, fotografato nel corso di un volo, durante la campagna di archeologia aerea nei primi anni 2000.
Terminata la guerra sembrò che, anche le operazioni di ricognizione aerea sulla Capitanata, avessero fatto il loro tempo e fossero ormai giunte al termine. Tuttavia il pesante clima instaurato dalla Guerra Fredda, e la conseguente contrapposizione tra la NATO e il Patto di Varsavia, dimostrarono il contrario.
Nell’ottobre 1956 i ricognitori RF84F della 3^ Aerobrigata RT (Ricognitori Tattici), iniziarono ad essere impegnati nell’operazione Cielo Aperto, disposta dal Ministro della Difesa (Taviani) per illustrare alla stampa il senso di controllo reciproco degli armamenti tra i due blocchi, da effettuarsi con velivoli dotati di potenti apparati fotografici e capaci di poter rilevare attraverso la foto interpretazione tutto ciò che si cercava di nascondere all’occhio dell’avversario: si trattava di una proposta avanzata nel luglio dell’anno precedente dal Presidente degli Stati Uniti Eisenhower.


Foto pannello strumenti dell’RF84F e una delle fotocamere in uso all’RF84F.
In effetti vennero pubblicate riprese che dimostravano come fosse possibile documentare obbiettivi anche di minime dimensioni, gruppi di persone o targhe di veicoli, da aerei volanti ad alta quota e altissima velocità.
I tre gruppi dell’Aerobrigata (18°, 28° e 132°), svolsero innumerevoli missioni nell’ambito dell’operazione Cielo Aperto, che riguardarono anche la Capitanata, collaborando con il Ministero dei Lavori Pubblici e della Pubblica Istruzione; quest’ultimo si avvalse delle preziosa professionalità dei piloti, soprattutto per studi archeologici.

Un RF84F della 3^ Aerobrigata sull’aeroporto militare di Amendola durante l’operazione Cielo Aperto.
Malgrado sembri che al giorno d’oggi i satelliti da ricognizione abbiano soppiantato i velivoli da ricognizione, questi restano importanti per tutte le aviazioni militari, in virtù delle proprie insostituibili capacità di flessibilità e modalità di impiego.
Un esempio a noi vicino è costituito dal 28° Gruppo del 32° Stormo dell’Aeronautica Militare che, operativo sull’aeroporto di Foggia – Amendola dal 1° febbraio 2005, con i suoi velivoli RPAS (Remotely Piloted Aircraft System) svolge gli importanti compiti di Intelligence, Surveillance and Reconnaissance, oltre che per i propri compiti istituzionali, anche a favore di Enti Ministeriali, Istituzioni locali, supporto alle attività di protezione civile etc.

Un MQ9-A del 28° Gruppo – 32° Stormo in volo sulla Capitanata.
Luigi Iacomino
Foto: Aeronautica Militare – Claudio Grenzi Editore – Luigi Iacomino – Gruppo Modellistico Ricerche Storiche Foggia.
Bibliografia
- AA.VV. – Republic RF 84 F – 1991
- AA.VV. – Ali Italiane – 1978
- AA.VV. – Una storia linga cent’anni – L’Edificio Scolastico “De Amicis” di San Severo dalle origini al domani – 2023
- F. Franchin Radcliffe – John Bradford e la ricerca archeologica dal cielo 1945/1957 – 2006
- L. Iacomino – L’Aeronautica Militare a Foggia e in Capitanata – 2002
- L. Iacomino – Storia dell’Aviazione in Capitanata – 2006
- L. Iacomino – B. Pascale – 60PR/694 San Severo 4 aprile 1944 – 2018
- R. Comelli – Il Falco sulla Capitanata – 2003

