Antropologia & Arte,  Memoria

Mestieri a Lucera: il sarto e la sarta

Una volta era d’uso, soprattutto per bisogno, passare gli abiti usati dai genitori ai figli. Quando era necessario, questi abiti venivano consegnati nelle capaci mani di sarte e sarti lucerini, i quali normalmente confezionavano abiti nuovi, per farli riadattare e sistemare.

Questo lavoro, che svolgevano come seconda attività, richiedeva conoscenza, perizia e tanta pazienza. Rivoltavano gli abiti e i cappotti che erano scuciti e ricomposti, spostando all’esterno il verso che era all’interno; poi, aggiungendovi qualche particolare, riuscivano a far apparire nuovo quello che nuovo non era.

Nelle botteghe sartoriali, che erano principalmente concentrate nel centro storico di Lucera, si lavorava per soli uomini; mentre, la sartoria per donna era praticata, quasi esclusivamente, in casa della sarta. Il sarto e la sarta, spesso, erano coadiuvati da lavoranti, mandati “a bottega” dalle loro famiglie affinché facessero pratica e imparassero un mestiere.

Il lavoro che svolgevano era perlopiù gratuito, ripagato, principalmente, dalla formazione che ricevevano. I più bravi potevano aspirare, col tempo, a gestire un’attività in proprio. Nella bottega di un sarto si trovavano un bancone di lavoro (piuttosto alto e ricoperto di tessuto) e gli sgabelli per il maestro e gli allievi.

Gli attrezzi invece erano:

  • i forbece (forbici varie);
  • l’ache pe ccóse (aghi per cucire) in osso o bronzo;
  • u cendìmetre (nastro metrico);
  • u ggèsse (gesso) per disegnare sulla stoffa le forme dell’abito;
  • u detale (ditali) in osso o bronzo;
  • u fírre da stíre (il ferro da stiro);
  • ‘a machene pe ccóse (la macchina da cucire);
  • ‘a squadre (la squadra);
  • ‘a spagnulètte (matassina di cotone);
  • i spille (gli spilli);
  • u manichíne (manichino) a busto.

Nella parte posteriore della bottega, nascosto da una tenda scorrevole, c’era una sorta di camerino, utilizzato per le prove degli abiti.

Questo mondo aveva un suo linguaggio, che sta andando in disuso:

  • u renàcce (il rammendo);
  • u speghètte (triangolo di stoffa) da inserire tra pezzi di stoffa;
  • u punte (punto di cucitura);
  • ’a mbastetúre (cucitura provvisoria);
  • u nderlande (cucitura a punti lunghi);
  • u soprammane (punto di cucito) per unire due pezzi di tessuto;
  • u rétepúnde (cucitura a macchina);
  • ‘a pestagne (striscia di stoffa) del bavero delle giacche e dei soprabiti;
  • u fresille (fettuccina di organze) usata per rifinire gli abiti femminili;
  • u bbattetacche (cordoncino) cucito sull’orlo interno delle gambe dei pantaloni per salvarli dall’usura;
  • ‘a capessciole (fettuccia) usata per allacciare i mutandoni dei nostri nonni;
  • u paraguande (mancia) data a chi consegnava a domicilio il vestito del cliente.

Oggi, con la diffusione dell’abbigliamento di serie, l’attività sartoriale è diventata uno dei tanti mestieri di una volta. Essa è ancora praticata da bravi artigiani, animati da una fortissima passione per ago e filo, pronti a servire chi continua a volere l’abito fatto a mano su misura.

Lino Montanaro

(Tratto dal libro LUCERA DI UNA VOLTA – Personaggi, storie, custume, mestieri, credenze, superstizioni e altro …di Lino Montanaro & Lino Zicca)

Foto tratta da www.luceranostra.itLucera – Sartoria della maestra Lilina Mastroluca, con Anna e Rosaria Mastroluca, Rosaria e Nunzia ‘Rombaspecchio’ – Foto di Pinuccio Soprano

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