Antropologia & Arte,  Memoria

Pasquale Soccio e un giornalino studentesco del 1973

Potrebbe sembrare inutile parlare oggi di giornali studenteschi e di articoli apparsi su di essi quasi cinquant’anni or sono; invece spesso essi si rivelano una preziosa fonte di dati, informazioni, notizie necessarie a ricostruire episodi e aspetti, sia culturali che di costume, di un passato più o meno recente e utili per spiegare e comprendere fenomeni a noi più vicini.

Talvolta, addirittura, ci permettono di riscoprire aspetti della cultura e del pensiero di personaggi sui quali si credeva che fosse stato scritto tutto.

È, quest’ultimo, il caso di un “giornalino“ (absit iniuria verbis, vista la profondità di analisi presente in diversi articoli di giovani giornalisti apparsi su diversi giornali studenteschi o parrocchiali dagli anni ’60 a oggi – ma questo potrebbe essere oggetto di altro scritto); dicevo, il caso di un giornalino studentesco del Liceo Bonghi, pubblicato nei primi mesi del 1973; la data, non presente sulla testata: “Escalation”, è stata desunta dai ricordi personali di uno dei due autori dell’articolo a cui ci riferiamo.

Ma andiamo con ordine; nei primi mesi di quell’anno alcuni alunni del Liceo Classico Ruggero Bonghi pubblicarono quattro numeri unici di un giornalino studentesco con quattro titoli diversi: Evasione, Titilicchio, Escalation, Orizzonti. L’esperienza finì lì, quasi sicuramente perché i redattori avrebbero dovuto affrontare di lì a qualche mese gli Esami di Stato.

Nel terzo numero del giornale, Escalation, appare una intervista al preside del liceo il professor Pasquale Soccio[1]; già questo era un primo aspetto inusuale: chi non ha vissuto quegli anni non si rende pienamente conto della novità di un’intervista rilasciata da un preside agli studenti della sua scuola; erano gli anni di poco successivi al famoso episodio de La zanzara (giornale studentesco del Liceo Parini di Milano pubblicato nel 1966 e censurato per una inchiesta sulla sessualità giovanile) e che avevano visto sempre nel 1966, relativamente ai giornalini studenteschi del Bonghi, posizioni contraddittorie da parte delle autorità scolastiche del nostro Liceo: da un lato la censura di un articolo e non certo per motivi di moralismo sessuale (Giovani d’Oggi – 1966)[2], dall’altro la piena Libertà espressiva degli studenti del Bonghi su problematiche legate alla sessualità.

Ma torniamo all’articolo; si diceva della novità di un’intervista rilasciata da un preside ai suoi studenti. Ma questa è una novità diciamo così “formale”; ci interessa in questa sede guardare soprattutto ai contenuti dell’intervista, questi sì nella sostanza innovativi.

In quell’anno (il 1973) si iniziava appena ad accennare fa gli studiosi di pedagogia più all’avanguardia, della possibilità che la società civile si accostasse alla scuola, fino ad allora considerato un’isola (in)felice chiusa a ogni innovazione. Il primo dei Decreti Delegati, che prevedeva la costituzione degli Organi Collegiali fu approvato solo nel maggio 1974 ed entrò in vigore nell’anno scolastico successivo (1974-75).

Dall’intervista al preside appare decisamente il suo pensiero, legato alla necessità di aprire la scuola alle istanze della società e della cultura extrascolastica:

I comitati studenteschi sono sorti nel ‘68, ma io cominciai a contestare già nel 1931quando dicevo che, molto più dell’insegnamento didattico, educano, al di fuori della scuola, il teatro, il cinema ed altre at­tività artistiche. Creai un dialo­go con i miei allievi anche al di fuori della scuola e su problemi di cultura. Questo, a quei tempi, era motivo di scandalo, la riforma della scuola italiana si doveva fare fin dal 1946, mentre l’attendiamo ancora.[3]

Ovviamente la sua era una concezione di stampo Liberal-democratico che mai avrebbe giustificato Le occupazioni studentesche, che in quegli anni erano molto diffuse:

Quindi non posso che condividere le contestazioni degli studenti, purché esse non si manifestino con la violenza, lo scio­pero e l’occupazione. Qualora il mio istituto subisse un’occupazione studentesca, sarebbe il crollo dell’ideale educativo. Discutano quindi i giovani dell’arretratez­za della scuola, perché hanno ra­gione da vendere, ma senza adotta­re i suddetti metodi.[4]

Ma già da qualche anno il preside, anticipando appunto i tempi, aveva creato un comitato scuola-famiglia e auspicava la costituzione di un circolo culturale formato da allievi ed ex allievi che avrebbe potuto organizzare attività culturali di vario tipo, da affiancare alle attività scolastiche in senso stretto. Il comitato scuola-famiglia favoriva una maggiore partecipazione alla vita scolastica delle famiglie e degli alunni, mentre il futuro circolo (purtroppo mai attuato, anche a causa del pensionamento del preside) sarebbe stato un utilissimo strumento che avrebbe esaltato il valore educativo delle attività culturali svolte e avrebbe dato uno scossone alla scuola (e ai docenti…) svecchiandola e avvicinandola alle istanze della società.

Ovviamente, visti i tempi, il preside affermava anche la necessità di una “cultura politica” che avrebbe dovuto educare i giovani alla partecipazione alla vita politica della comunità. Naturalmente, data la sua formazione crociana, questa educazione alla politica, onde evitare condizionamenti di sorta., sarebbe dovuta avvenire attraverso un’impostazione di stampo storicistico:

L’insegnante però, il più delle volte, potrebbe indirizzare il giovane verso la propria idea politica. Come ovviare a questo pericolo? po­nendo la politica su un piano storicistico, ossia manifestando le idee politiche nel loro svilup­po storico.[5]

Appare evidente dalle risposte del preside, l’importanza del primato dell’educazione (e quindi della scuola) nella formazione della persona e del futuro cittadino, collegato a quanto si diceva più sopra riguardo all’educazione politica degli studenti; concetti e idee che tornano spesso nei testi filosofici e pedagogici di Pasquale Soccio, ma che qui, forse per la prima e unica volta, vengono esplicitati direttamente non agli addetti ai lavori ma a giovani studenti a digiuno di teorie pedagogiche e che probabilmente, come del resto molti loro coetanei di quegli anni, intendevano la scuola solo come momento di formazione più o meno nozionistica, magari legato alle varie discipline. Non a caso le contestazioni studentesche di quegli anni si dirigevano proprio contro un’Istituzione incapace di accogliere le istanze di rinnovamento che provenivano dalla società civile e che chiedevano, se non una rivoluzione culturale, almeno l’adeguamento del sistema scolastico all’articolo 34 della nostra Costituzione.

Infine last but not least, è da rimarcare un aspetto che entra “quasi casualmente” nell’intervista, ma che va comunque sottolineato: in un periodo (primi anni ’70) in cui, tranne poche eccezioni, nella storiografia mainstream e soprattutto nei manuali scolastici era ancora presente una concezione oserei dire agiografica del Risorgimento Soccio parla del suo libro Unità e brigantaggio[6]:

Ma il mio libro più famoso è, senza dubbio, “Unità e brigantaggio”. In questo libro ho voluto guardare a quell’umanità dolente che ha sof­ferto per un millennio, gente umi­le che pur fa storia: i briganti. Ho voluto illustrare i fatti in senso obbiettivo. Se da una parte i briganti commisero molti delit­ti, dall’altra non meno feroce fu la repressione.[7]

in cui non tace sulla durissima e sanguinosa repressione del brigantaggio a opera dell’appena costituito Stato unitario; aspetti che solo nella successiva storiografia sono stati più correttamente messi in evidenza.

E questo ci riporta l’ultima considerazione: dall’intervista appaiono nettamente nella figura del preside due aspetti inscindibili della sua personalità: l’uomo di scuola e l’uomo di cultura: se può esserci un intellettuale che non sia persona di scuola non è affatto vero il contrario: non si può essere buoni insegnanti se non si è anche persone di cultura. L’apertura alle istanze culturali di una società permette al/alla docente di poter svolgere appieno la propria mission, brutto termine di stampa aziendalista, ma idoneo a indicare il fine ultimo dell’insegnamento: contribuire allo sviluppo armonioso della personalità delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi e alla loro crescita civile; un mondo di conoscenze che sia acquisito passivamente avrà pure dei bravi tecnici e/o bravi professionisti, ma non avrà dei cittadini in grado di dare un contributo positivo allo sviluppo della società in cui sono inseriti. È questa la lezione di Pasquale Soccio che, esplicitata in opere più professionali, fa da sfondo a questa intervista rilasciata a un “giornalino” studentesco.

Raffaele De Vivo


[1] Enzo Trommacco, Costantino Postiglione, Escalation, Giornale giovanile, numero unico, senza data (presumibilmente gennaio 1973), ciclostilato in proprio. Si ringraziano gli autori per la gentile concessione alla pubblicazione di brani dell’articolo.

[2] Salvatore Cassisi, Giuseppe Trincucci, Dal diario di un becchino, Giovani d’oggi. Almanacco degli alunni del Liceo Classico “R., Bonghi”, aprile 1966, ciclostilato in proprio

[3] Escalation, Giornale Giovanile, cit., pag. 8

[4] Ivi

[5] Ivi

[6] Pasquale Soccio, Unità e brigantaggio in una  città della Puglia, E.S.I., Napoli, 1969

[7] Escalation, Giornale Giovanile, cit., pag. 7

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