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“Pegghjà nu pìzze de carte”: l’importanza di prendere il diploma o la laurea

Serve davvero il diploma o la laurea per trovare lavoro? Negli anni ‘50, ’60 e anche ‘70, rispondere a questa domanda sarebbe sembrato un’ovvietà, perché il titolo accademico allora garantiva una occupazione sicura, specialmente nell’amministrazione pubblica.

Una forte mancanza di lavoro ha da sempre caratterizzato la realtà meridionale, e anche quella lucerina.

Perciò, quando la scolarizzazione di massa, tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, s’affacciò e aprì nuove opportunità di lavoro, tanti genitori, appartenenti a famiglie umili, fecero enormi sacrifici, luuánnese u pane da mmocche (togliendosi il pane dalla bocca), affinché i figli potessero studiare e conseguire un titolo di studio.

Il titolo di studio, che, nel passato, era un segno distintivo di classe, nel dopoguerra diventò l’ambito documento che permetteva, tramite concorso pubblico, di essere assunti dallo Stato e dagli Enti pubblici.

A Lucera, gli istituti pubblici d’istruzione erano: due scuole elementari, una scuola media, una scuola di avviamento professionale e tre scuole superiori.

Le scuole

Le scuole elementari, gratuite e obbligatorie, avevano la sede in Piazza Matteotti (scuola Edoardo Tommasone) e in Piazza di Vagno (scuola Lombardo Radice). C’erano, inoltre, scuole elementari parificate, a pagamento, presso il Convitto nazionale, i Padri Giuseppini (l’Opèra Nove), le Suore di San Leonardo e di Sant’Anna.

Con il conseguimento della licenza elementare si potevano continuare gli studi, scegliendo due percorsi.

Frequentare la Scuola Media Alessandro Manzoni, ubicata presso la struttura dell’ex GIL, in Villa comunale, alla quale si poteva accedere dopo aver superato un apposito esame di ammissione. La Scuola Media aveva lo scopo di preparare agli studi superiori sulla base di un’impostazione umanistica; lo studio del latino era obbligatorio.

Frequentare la Scuola di Avviamento Professionale, ubicata nei locali a piano terra alle spalle del Tribunale, che dava una preparazione tecnica e avviava direttamente al lavoro. Essa, pertanto, era ritenuta la scelta principale dei ceti popolari.

La Scuola di avviamento cessò di esserci nel dicembre 1962, quando fu approvata la riforma che introdusse nell’ordinamento scolastico la “scuola media unica e obbligatoria”.

Dopo tre anni, conseguita la licenza media, sulla base delle disponibilità economiche della famiglia si decideva se proseguire e, in tal caso, si sceglieva la scuola media superiore da frequentare. Scegliere questa o quella scuola superiore dipendeva ancora una volta dalle condizioni economiche della famiglia e non dalle capacità e dal merito degli studenti.

La scuola superiore per eccellenza era il Liceo Classico Ruggero Bonghi, ubicato presso il Convitto Nazionale in Via IV Novembre, poi trasferitosi nella nuova struttura di Viale della Ferrovia.

C’era, inoltre, l’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri, (ITGC), che ha avuto nel tempo tre sedi in: Piazza San Francesco, presso il Tribunale di Lucera; Piazza Nocelli, presso il “Palazzo De Troia”; Viale Dante, l’attuale.

Infine, l’Istituto Magistrale Antonio Rosmini, con prima sede in Via Luigi Zuppetta, un antico palazzo di stile spagnolo abbattuto per far posto a un moderno palazzo che poco c’entra con la bellezza e la struttura del comparto, e attualmente in Via Ettore Cavalli.

Altre scuole di vario grado e indirizzo furono poi istituite negli anni successivi.

Per concludere, ecco gli appellativi con cui erano indicati gli alunni delle varie scuole: scuola media, i zucagnostre (bevitori d’inchiostro-scribacchini); scuola avviamento professionale, i cciaccafírre (piegaferro); liceo classico, i sgubbùne (sgobboni); scuola magistrale, i majéstre (i maestri); scuola ragioneria, quille che danne i nnumere (quelli che danno i numeri).

Lino Montanaro

PER SAPERNE DI PIÙ

  • Lino Zicca, Lino Montanaro, Lucera di una volta, Catapano Grafiche, 2021

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