La breccia corallina e il “Palazzo diffuso” di Federico II
Nella mappa in basso sono localizzati tutti i punti in cui è possibile identificare blocchi in breccia corallina dell’ormai distrutto palatium fatto erigere da Federico II di Svevia.
La raccolta delle informazioni e la loro catalogazione è a cura di Alessandro De Troia e Costantino Postiglione, con la collaborazione di Lena Catalano, Raffaele De Vivo e Rosanna Di Giovine. La parte tecnica è a cura di Alessandro De Troia e dall’Associazione Gens Capitanatae APS.
Indice
Un po’ di Storia
La costruzione del palazzo è stata collocata dagli storici tra il 1233 e il 1237, nel periodo in cui Federico II aveva trasferito da ormai 10 anni a Lucera una comunità di musulmani provenienti dalla Sicilia, dando vita a quella che sarebbe divenuta la celebre Luceria Saracenorum. La città divenne così un centro strategico, sia dal punto di vista politico che militare, e il palazzo ne era il cuore pulsante.
Quando si parla di Federico II di Svevia e della sua presenza in Capitanata, la mente corre subito alla moltitudine di castelli e di domus solaciarum che iniziò a ristrutturare o costruire ex-novo a partire dal 1221, anno in cui per la prima volta si trovò nella nostra terra. Tra le strutture più affascinanti di questa complessa rete monumentale non si può non imbattersi nel Palazzo Imperiale di Lucera.
Gli scritti del tempo e le indagini archeologiche ci restituiscono l’immagine di una residenza che doveva essere imponente e raffinata. Una dimora imperiale, concepita per accogliere l’Imperatore e la sua corte durante le frequenti visite in Puglia e in Capitanata. Le cronache medievali parlano di sale ampie e decorate, di colonne e archi ispirati all’architettura islamica e normanna, elementi tipici del gusto federiciano, che amava mescolare stili e influenze diverse. Il palazzo era arricchito da un cortile interno e da fontane, simili a quelle descritte in altre residenze federiciane, come palazzo di Foggia (1223) o Castel del Monte (1240).





Come appariva il palazzo nel 1778 allo scrittore Dominique Vivant Denon, gli architetti Louis-Jean Desprez e Jean-Augustin Renard e il pittore paesaggista Claude-Louis Chatelet. Disegni custoditi presso la Biblioteca Hertziana Roma (si ringrazia Tommaso Palermo per la segnalazione)
Da una finestra del palazzo che dava a Mezzogiorno, Manfredi, figlio di Federico II, tenne un importante discorso nel novembre del 1254, mentre al suo interno sappiamo essere custodite le “camere” – oggetti preziosi, vesti, armi e tesoro personale – di Federico II, Corrado IV, Giovanni Moro, Ottone di Hohenburg.
Dopo la conquista angioina del Regno di Sicilia e dopo un’estenuante assedio alla città, il palazzo fu inglobato nella maestosa fortezza voluta da Carlo I d’Angiò a partire dal 1269 perdendo la sua funzione residenziale e simbolica divenendo una “prigione dorata”, così come Castel del Monte, tanto che lo storico Arthur Haseloff si spinse nel dire che Carlo, conscio del simbolismo legato agli svevi per entrambi i castelli, “ne se ne tenne lontano” e ne costruì uno speculare dall’altro lato della fortezza.
Quando la fortezza perse la sua funzione di controllo ai saraceni ancora stanziati in città, cioé a partire dal 1300, essa iniziò ad essere gradualmente abbandonata. Devastanti terremoti, in particolare quello del 1456, ne sancirono il totale abbandono e l’inizio dell’opera di spoliazione dei materiali di pregio e di ogni cosa potesse essere riutilizzata o depredata.
Alla metà del Settecento fu persino messo in vendita come cava di materali per la somma di 12307 ducati e 50 grana, ma per nostra fortuna nessuno se ne appropriò. Ci fu anche un’appassionata protesta degli amministratori civici nel 1766 i quali si spesero strenuamente per salvare i resti di ciò che restava della fortezza.
Ma nulla poterono i lucerini che volevano preservare i resti del palazzo, perché nel 1790 fu quasi completamente distrutto con “potenti mine”, come riporta Pasquale Di Cicco in un suo articolo sulla vicenda.
“E quando la Maestà Sua non istimasse alle suppliche fervorosissime che dalla Città se le umliano per mezzo di V.S. Ill.ma, che come uomo di quel senno a tutti noto, e d’infinita saviezza dotato saprà consigliarle il giusto, per non fare che ulterioremente alla medesima si tolga un preggio così grande, si metterebbe essa in qualunque angustia per farne la compra e sottrarsi dagli impertinenti attentati di coloro che vogliono deturparne il miglior lustro“
Francescantonio Scassa, Giuseppe Carpentieri, Niccolò Sabbatini, 18 settembre 1766
Il legame con Castel del Monte


Castel del Monte e un dettaglio del portale principale in breccia corallina
Uno degli aspetti più affascinanti del Palazzo di Lucera è il suo rapporto con Castel del Monte, il celebre castello ottagonale voluto da Federico II vicino Andria, in Puglia. I due edifici presentavano infatti importanti affinità simboliche, architettoniche e costruttive.
Innanzitutto, entrambi gli edifici erano funzionali all’affermazione del potere imperiale e del regnante nel luogo in cui erano collocati, simbolo di controllo ed emblema che mirava ad ostentarne la forza.
Dal punto di vista strutturale, alcune fonti suggeriscono che il Palazzo di Lucera potesse avere un impianto geometrico ben studiato, come Castel del Monte, sebbene con geometrie più semplici e orientate al quadrato invece che all’ottagono. Sono stati documentati ambienti voltati e archi a sesto acuto, soluzioni tecniche riscontrabili sia nel castello che in altre opere federiciane.
Un dettaglio interessante riguarda il sistema idrico: Castel del Monte è celebre per le sue cisterne e canalizzazioni, e anche il Palazzo di Lucera, situato oggi all’interno della fortezza, doveva avere un sistema avanzato per la raccolta dell’acqua, indispensabile per garantire la vita della corte e delle guarnigioni, come è testimoniato dalla grande cisterna appena sotto il cortile interno.
Entrambi gli edifici inoltre facevano uso per gli esterni di pietra calcarea locale, una caratteristica tipica delle costruzioni federiciane in Puglia. Questa pietra, dal colore chiaro e dalla superficie compatta, conferiva agli edifici un aspetto imponente e luminoso. Nel Palazzo di Lucera erano infine presenti decorazioni in breccia corallina e marmo, materiali che si ritrovano in Castel del Monte e che suggeriscono un gusto raffinato ispirato all’arte classica e islamica.
Non sembra essere un caso che, nel gennaio 1240, Federico ordinasse al Giustiziere di Capitanata Riccardo di Montefuscolo – e non al competente Giustiziere di Terra di Bari – l’acquisto di materiale per la costruzione di Castel del Monte. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che Riccardo fosse anche responsabile del trasporto della breccia corallina dalle cave del Gargano alla Murgia.


La breccia corallina: il marmo rosso di Federico II
Uno degli elementi più caratteristici dell’architettura federiciana è l’uso della breccia corallina, una pietra dalla tonalità rosso-violacea con venature bianche, estratta in particolare dalle cave del Gargano e della Murgia e utilizzata in diversi edifici dell’epoca. Si tratta di una breccia calcarea con ematite, con cemento rosso corallo e con clasti di colore avorio (dismicrite), proveniente da cave nella Bitinia, presso il villaggio di Vezirha. Esportata a Roma a partire dalla tarda età augustea, soprattutto per colonne e rivestimenti parietali.
Questo materiale, pur non essendo un vero marmo, veniva impiegato come elemento decorativo e strutturale, conferendo agli edifici un aspetto elegante e distintivo. Il suo impiego era inoltre molteplice:
- Cornici e decorazioni architettoniche: Nel Palazzo di Lucera, così come in Castel del Monte, la breccia corallina era impiegata per arricchire portali, finestre e archi. Il contrasto tra il rosso intenso della breccia e il bianco della pietra calcarea creava un effetto cromatico raffinato.
- Colonne e capitelli: Alcuni ambienti di rappresentanza potevano essere arricchiti con colonne in breccia corallina, come si può osservare a Castel del Monte, dove questo materiale è usato nei capitelli.
- Pavimentazione e rivestimenti interni: La pietra era anche utilizzata per pavimentazioni e lastre decorative, in combinazione con altre pietre pregiate.

Colonna e capitello in breccia corallina a Castel del Monte (foto di Alessandro De Troia)
Perché “Palazzo diffuso”?

Se qualcuno volesse visitare oggi il Palazzo di Federico II a Lucera, l’impresa si rivelerebbe più complicata del previsto. Dimenticate sale maestose, cortili ricchi di giochi d’acqua e la tipica accoglienza imperiale: il palazzo, come struttura unitaria, non esiste più. Ma, con un po’ di fantasia e spirito d’avventura, è possibile fare un tour alternativo, tra vicoli e piazze della città, per riscoprirlo pezzo dopo pezzo.
Benvenuti nel “palazzo diffuso“, un concetto architettonico innovativo (ma non proprio voluto) in cui le stanze non sono collegate tra loro, i portali sono sparsi tra chiese e palazzi nobiliari e gli elementi decorativi si mimetizzano nei punti più impensabili del centro storico. In pratica, più che una visita, si tratta di una caccia al tesoro medievale.
Lungo questo percorso, la mappa interattiva diventa una vera e propria guida turistica 2.0, aiutando a localizzare ciò che resta della residenza imperiale. Colonne in breccia corallina, frammenti di archi e dettagli decorativi emergono come piccoli indizi di un passato glorioso, inglobati nel tessuto urbano di Lucera. È come se il palazzo non fosse mai stato distrutto del tutto, ma si fosse semplicemente disperso nel tempo, trovando rifugio in ogni angolo della città.
Insomma, chi dice che bisogna andare ad Aquisgrana per ammirare gli appartamenti imperiali? A Lucera, il Palazzo di Federico II è diventato un museo a cielo aperto, accessibile 24 ore su 24 e gratuito – a patto di avere un buon occhio per i dettagli e un po’ di immaginazione!


Perché questa mappa e come usarla
Sebbene il Palazzo di Federico II a Lucera sia stato distrutto, alcuni frammenti del suo antico splendore sono ancora visibili nel centro storico della città. La mappa interattiva disponibile in questa pagina vorrebbe raccogliere tutte le testimonianze della breccia corallina ancora presenti a Lucera, mostrando come questo prezioso materiale sia stato riutilizzato nel corso dei secoli in edifici, portali e strutture urbane. Usiamo il condizionale perché ogni giorno ne spunta fuori una nuova, magari nascosta da dell’intonaco oppure all’interno di un cortile di qualche corte. L’idea anzi è di avere a disposizione uno strumento che non sia statico ma che invece evolva aggiungendo sempre nuovi pezzi di questo affascinante scenario. Se mai doveste imbattervi in un reperto non censito, non esistate a contattarci!
La mappa è uno strumento interattivo che consente di esplorare i diversi punti in cui si trovano frammenti di breccia corallina a Lucera. Per navigarla al meglio, segui queste semplici istruzioni:
- Dettagli aggiuntivi: In alcune schede potresti trovare fotografie e descrizioni più approfondite, che aiutano a comprendere la provenienza e l’importanza dei singoli frammenti.
- Zoom in e out: Usa la rotellina del mouse o le dita (su dispositivi touch) per ingrandire e ridurre la vista della mappa. In questo modo potrai osservare i dettagli delle singole zone della città.
- Punti di interesse: Ogni frammento di breccia corallina è segnalato con un’icona sulla mappa. Cliccando su un’icona, si aprirà una scheda con informazioni dettagliate sul reperto e sulla sua ubicazione.
- Legenda e livelli: Se la mappa ha più livelli di visualizzazione (ad esempio, diverse categorie di frammenti), puoi attivarli o disattivarli tramite il pannello laterale.
- Navigazione mobile: Se stai visualizzando la mappa da smartphone o tablet, puoi spostarti trascinando il dito sullo schermo e zoomare con il classico gesto di “pizzicamento”.
La mappa artistica di Costantino Postiglione

L’itinerario alla scoperta del Palazzo
L’artista Costantino Postiglione ha immaginato un itinerario capace di svelare ai visitatori non solo le tracce della breccia corallina, disseminata e riutilizzata tra vicoli e piazze di Lucera, ma anche di far riscoprire angoli preziosi del centro storico, in un percorso dove ogni tappa racconta un frammento della storia millenaria della città. Un viaggio lento, fatto per osservare dettagli e lasciarsi sorprendere da come i resti di un grande palazzo imperiale – e di tante altre civiltà – oggi vivano incastonati nelle architetture della città.
L’itinerario si sviluppa in 10 tappe:
- Porta Troia: antica via d’accesso alla città, dove già si possono ammirare grossi blocchi di breccia corallina reimpiegati nella muratura. Da qui si intuisce subito il destino di questa pietra preziosa: smembrata, spostata, riassemblata, è diventata parte integrante del tessuto urbano, come una vena rossa che attraversa la città.
- Incrocio Corso Manfredi e Corso Garibaldi: un occhio attento può scovare altri frammenti di breccia incastonati nei palazzi, quasi a voler resistere al tempo e al caos cittadino.
- Palazzo Gifuni: straordinario esempio di stratificazione storica: qui la breccia corallina si mescola ad antichi spolia romani, creando un gioco di rimandi tra l’età imperiale e quella sveva. Un luogo dove ogni pietra racconta una storia e ogni angolo invita a fermarsi e osservare.
- Piazza Lecce: con il suggestivo riuso di un capitello romano, a testimonianza di come Lucera sia sempre stata città di riusi e reinterpretazioni, dove nulla viene davvero perduto ma trasformato e valorizzato.
- Via De Nicastri: dove insiste il Museo Archeologico “Giuseppe Fiorelli”, con il suo cortile e la colossale statua di imperatore romano acefala, a custodia del palazzo e dei suoi tesori.
- Piazza Nocelli: passando inevitabilmente per la splendida Piazza Duomo, con la maestosa Cattedrale che, da sola, merita una sosta. A Piazza Nocelli si trova un frammento di arco, altro tassello di quel grande mosaico fatto di recuperi e sovrapposizioni che è la Lucera medievale.
- Chiesa del Carmine: forse il monumento che accoglie il maggior numero di frammenti di breccia, con la sua facciata barocca e l’ariosa piazza antistante.
- Angolo Via dei Giardini e Piazza Tribunali: in questo scorcio è possibile ammirare il retro della Chiesa di San Francesco e un angolo dove ancora una volta la breccia affiora, in grandi quantità, a segnalare la continuità della storia e della pietra.
- Chiesa di San Domenico: vero e proprio scrigno di breccia corallina: qui i pezzi reimpiegati sono numerosi, specialmente vicino all’altare, quasi a formare una collezione a cielo aperto di frammenti del passato, sapientemente ricollocati tra gli spazi sacri.
- Chiesa di Sant’Antonio Abate: custodisce una magnifica acquasantiera in breccia corallina, insieme a numerosi elementi angolari e frammenti incassati nei muri, che restituiscono il senso di un dialogo continuo tra il sacro e la pietra.
Questo percorso, pensato da Costantino Postiglione, è molto più di una semplice passeggiata tra le vie di Lucera: è un viaggio dentro la storia materiale della città, alla scoperta di una “Lucera diffusa”, fatta di dettagli nascosti e piccoli tesori inaspettati. Un’occasione per riscoprire il centro storico con occhi nuovi e rendersi conto che, camminando tra i suoi vicoli, si sta letteralmente calpestando la grande storia imperiale, romana e medievale di questa città.
Miti e leggende sul palazzo
Il Palazzo di Federico II a Lucera – incorporato nella grande fortezza angioina – non è solo un monumento storico, ma anche il fulcro di numerose leggende e racconti popolari tramandati nel folklore locale. Da storie di fantasmi che si aggirano tra le antiche mura a dicerie su tesori nascosti sotto i ruderi imperiali, fino a miti di cavalieri misteriosi e amori tragici ambientati nella corte federiciana, la tradizione popolare lucerina è ricca di narrazioni affascinanti. Queste storie sono state raccolte e documentate sia da appassionati locali che da studiosi, mettendo in luce come la memoria collettiva abbia intrecciato la Storia con l’immaginario.
Fin dal passato, i lucerini hanno narrato di fantasmi e presenze legati alla fortezza di Federico II. In generale, si credeva che luoghi segnati da morti violente fossero infestati da spiriti inquieti. Un esempio emblematico riguarda il boschetto di pini ai piedi del castello: secondo i racconti dei nonni raccolti dallo scrittore Ascanio Iliceto, quel bosco fu teatro di sanguinose battaglie per la conquista della fortezza, e si diceva che “i fantasmi dei soldati caduti in battaglia vagavano ancora tra i pini”.
Va ricordato, inoltre, un episodio reale che contribuì a rinnovare queste dicerie: nell’aprile 1904, in pieno centro a Lucera, durante gli scavi per un pozzo, furono rinvenute circa mille monete d’oro sotterrate (un autentico tesoro numismatico). La notizia fece scalpore e sembrò avvalorare le vecchie leggende – se un simile ripostiglio di monete era rimasto nascosto per secoli sotto terra, quanti altri forzieri potevano ancora giacere nei sotterranei del castello o nei dintorni? Così, la realtà alimentò la fantasia: i cacciatori di tesori iniziarono a guardare con occhi sognanti alle rovine federiciane, immaginando scrigni colmi d’oro lasciati indietro dai Saraceni o dallo stesso Federico II. Ancora oggi, i visitatori della fortezza potrebbero sentire dalle guide o dai locali accenni a questi misteriosi tesori perduti – un mix di storia (il tesoro imperiale davvero esistito) e leggenda (il suo occultamento da qualche parte nelle viscere della cittadella).
Oltre a fantasmi e cavalieri, il Palazzo di Lucera ha stimolato anche racconti di amori tragici e misteri di corte. L’eco della presenza saracena e orientale nella cittadella federiciana ha portato alcuni a favoleggiare che Federico II avesse addirittura un harem segreto nel suo palatium lucerino, popolato da concubine orientali e odalische. Se questa rimane più una suggestione che una realtà storica (gli storici dibattono sulla veridicità di un vero harem a Lucera), la letteratura popolare non ha esitato ad abbracciare l’idea per costruirvi sopra vicende romanzesche. Un celebre racconto ambientato nella fortezza – parte di una raccolta di “leggende della Capitanata” pubblicata dallo scrittore Giuseppe d’Addetta agli inizi del ’900 – dipinge il castello di Lucera in modo fiabesco e affascinante. Lo scenario è proprio la reggia di Lucera, descritta come un luogo di sontuosa bellezza orientale: “il castello sormontato da quindici torri, costruito secondo lo stile arabo: tremila colonnine orientali ne circondano il vasto cortile; le porte sono incrostate d’oro; un incantevole giardino di stelle cantanti, di fontane e di rose, circonda l’harem dalle inferriate d’oro”.
Anche dal punto di vista simbolico il palazzo di Federico ha suscitato curiosità e generato leggende. La tradizione, infatti, vuole che l’attuale vasca del battistero della cattedrale fosse collocata al centro del cortile ottagonale e che fu poi riusata dopo il Cinquecento. Non stupirebbe in effetti tale utilizzo se pensiamo che la mensa della cattedrale proviene dal luogo in cui Federico II morì, Fiorentino, ad indicare chiaramente una rivalsa della Chiesa sull’Anticristo per antonomasia.
Anche a Corato è presente una vasca, anche questa in breccia corallina. Un altro segno del riuso dei materiali architettonici dello “Stupor Mundi” e dei suoi discendenti.


In conclusione, il Palazzo di Federico II a Lucera vive non solo nelle rovine materiali sulla collina, ma anche e soprattutto nelle storie che gli ruotano attorno. Dalla paura reverenziale per i fantasmi dei guerrieri caduti, al fascino dell’oriente con i suoi tesori e harem, fino allo spirito ribelle personificato dal cavaliere Santa Justa, ogni leggenda aggiunge un tassello all’identità culturale lucerina. Questi racconti – trasmessi oralmente da generazioni e poi ripresi da fonti scritte locali – funzionano come un ponte tra la Grande Storia (dell’imperatore e del suo castello) e la microstoria del popolo (che rielabora eventi e luoghi in chiave fantastica). Visitando oggi la fortezza di Lucera, è facile lasciarsi suggestionare: magari al tramonto, guardando le torri merlate tingersi di rosso, si potrebbe quasi udire, con un po’ di immaginazione, il fruscio di un manto bianco o il sussurro di un soldato lontano. Sono le voci delle leggende – quelle che hanno attraversato i secoli – e che ancora oggi tengono vivo il mito del palazzo federiciano, facendone molto più di un semplice sito archeologico: un luogo di memoria e magia popolare.
Le possenti rovine del Palatium federiciano hanno alimentato anche l’immaginario su antichi tesori – almeno nella credenza popolare. Storicamente, è attestato che il palazzo di Federico II a Lucera fosse una sede sfarzosa che ospitava parte del tesoro imperiale. Questo alone di mistero ha inevitabilmente alimentato l’idea che qualche bottino nascosto potesse essere rimasto sepolto sotto le macerie o nei sotterranei. Non a caso, leggende su passaggi segreti e cunicoli sotterranei circolavano da tempo – ipotesi in parte confermate da scavi archeologici che hanno individuato condotti sotto l’antica reggia.

Per saperne di più
- Massimiliano Ambruoso, Castel del Monte. La storia e il mito, Bari 2018
- Maria Stella Calò Mariani, Federico II. Immagine e Potere, Bari 1996
- Pasquale Di Cicco, Il mosaico della medusa ed il castello di Lucera nel Settecento, in Archivio Storico Pugliese, I-IV, XXXV (1982), pp. 281-312
- Fulvio Delle Donne, Federico II: la condanna della memoria. Metamorfosi di un mito, Viella 2012
- Alberto Gentile, Il palatium svevo di Lucera, Mondimedievali.it
- Arthur Hasellof, Architettura sveva nell’Italia meridionale, Bari 1996
- Hubert Houben, Statutum de reparatione castrorum, in Enciclopedia Federiciana, Treccani 2005
- Geppe Inserra, Riccardo Bacchelli racconta Lucera, Federico II, l’eccidio dei saraceni ,Blog Lettere Meridiane
- Dankwart Leistikov, Il mandato del 1240 dell’Imperatore Federico II per Castel del Monte, 1999 (revisione 2025)
- Raffaele Licinio, Castelli Medievali: Puglia e Basilicata, dai Normanni a Federico II e Carlo I D’Angiò, Bari 1994
- Giuliana Massimo, Dalle cave garganiche a Castel del Monte: note sull’impiego della breccia rosata, in Atti del 44° Convegno Nazionale sulla Preistoria – Protostoria – Storia della Daunia, San Severo 2024
- Giuliana Massimo, L’impiego della breccia rosata nei cantieri federiciani: scelta estetica o politica?, in Journal of the International Research Center for Late Antiquity and Middle Ages vol. 28, 2022
- Teresa Maria Rauzino, Novelle e leggende di Capitanata. Del perduto amore, Blog Uriatinon
- Nunzio Tomaiuoli, Il palazzo dell’imperatore e la fortezza del re, Lucera 2005