Antropologia & Arte,  Memoria

I sapori della memoria: l’acqusale

L’acquasale è il piatto della memoria, dei ricordi d’infanzia, lo specchio del nostro passato. Una ricetta rustica e antica, ma anche, nella Lucera di una volta. Era il pasto della povertà, tipicamente estivo, perfetto da portate a tavola nei giorni più caldi e afosi. Ma i lucerini non disdegnavano di mangiarla anche nelle altre stagioni.

Era una ricetta di riciclo, nata dall’esigenza di riutilizzare il pane raffermo, perché ‘a grazeje de Ddíje non poteva e non doveva essere buttata.

Si prendeva ‘na stozzere de pane (un pezzo di pane rinsecchito), che veniva bagnato nell’acqua, (pane túste ‘mbússe), poi condito con prodotti naturali che si ottenevano a poco prezzo: prunílle, sale, righene, cepolla rosscie, accie e quacchè fèlle de cetrúle ed ovviamente… l’úglie (pomodori locali, il sale, l’origano, ai quali, spesso, si aggiungevano la cipolla rossa, il sedano, il cetriolo, tagliato a rondelle, e l’olio).

In molte famiglie lucerine si comprava una pagnotta di pane, ‘na sckanate, più abbondante apposta per farla indurire, e poi, dopo qualche giorno, la si trasformava in acquasale. È comunque un piatto completo che ha permesso ai braccianti lucerini, durante i mesi più caldi, di affrontare la dura giornata lavorativa nei campi.

Negli anni 50′ e 60′ per i lucerini era un pranzo ideale quando si facevano le scampagnate o si andava al mare. Ma anche la merenda da consumare ‘a Ville, quando le mamme portavano i bambini a prendere il fresco nelle giornate estive. Oggi è diventata una raffinatezza e il piatto povero di un tempo è stato rivalutato e fa parte del menù dei ristoranti lucerini, dove viene servito tra gli antipasti e nei buffet.

Lino Montanaro

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