Antropologia & Arte,  Memoria

Le superstizioni lucerine

Le credenze popolari e le superstizioni hanno radici nel passato più lontano. Esse, tramandate oralmente da generazioni a generazioni come identità culturali della civiltà contadina, rappresentano una sorta di rassegnazione al compimento di un destino inesorabile, cui era possibile sottrarsi solo facendo appello al soprannaturale.

Di seguito sono riportate alcune delle più diffuse superstizioni e credenze popolari per proteggersi dal malaugurio.

Il rito dell’ucchjatùre

L’ucchjatúre, cioè il rito contro il malocchio per guarire dal mal di testa, causato dallo sguardo di qualcuno, dalla gelosia, dall’invidia, dall’amore ossessivo di un’altra persona. Mi hanno fatto il malocchio, ho un tremendo dolore di testa (M’ànne pegghjate a d’úcchje, ténghe nu cazze de delóre de cape).Il rito: si prendeva un piatto con l’acqua e un cucchiaio di olio e dopo aver detto delle formule, rigorosamente segrete e tramandate, dette sottovoce perché non si dovevano capire (i giaculatoríje), e fatto tre segni della croce sulla fronte,  si buttavano 9 gocce di olio nel piatto pieno d’acqua, e, a secondo della forma che prendono queste, si capiva se il malocchio c’era o meno Se queste gocce si allargavano e tendevano a scomparire significava che avevi il malocchio e in questo modo facendo il mal di testa si toglieva. Se le gocce d’olio formavano un cerchio il malocchio era causato da un uomo, se invece avevano una forma allungata era causato da una donna. Se, invece, l’olio si stendeva su tutto il piatto, non c’era malocchio. Una volta c’erano delle persone deputate a ciò: i masciare, che conoscevano le tecniche per superare una serie di inconvenienti, dal malocchio al torcicollo, oppure venivano consultate magari solo per l’interpretazione di un sogno.Ma era praticato anche da persone comuni che avevano appreso il rito di generazione in generazione e la formula magica per togliere il malocchio veniva trasferita la notte di Natale o, meglio, quella di Santa Lucia a dicembre. Era fondamentale che l’acqua utilizzata venisse immediatamente buttata in fognatura, mai per strada perché, il primo che ci passava sopra o vicino prendeva il malocchio della persona cui era stato appena tolto. Alla fine sull’attendibilità del malocchio ci sarebbe tanto da dire, ma si trattava di un rito assolutamente innocuo della serie: non è vero ma ci credo, che, spesso, era una pratica gratificante per certe mamme che con questo rito ottenevano la certificazione ufficiale di avere un figlio/a talmente bello che gli facevano il malocchio (u pegghiavène a d’úcchje);

L’olio

Far cadere dell’olio era segno di disgrazia, sette anni di guai (sètt’anne de uàje). Per annullarne gli effetti sfavorevoli occorreva versare del sale;

L’abito da sposa

La ragazza che indossava, anche per scherzo, l’abito da sposa di un’altra correva il rischio di non sposarsi più (remanève zetèlle);

I panni dei neonati

I panni dei neonati non ancora battezzati non dovevano mai essere stesi al tramonto per farli asciugare, altrimenti i neonati potevano essere perseguitati dai fantasmi (pandasme). Se per errore ciò avveniva, bisognava buttare un po’ di zucchero nel fuoco per scacciarli;

Il carro dei morti

Portava sfortuna vedere passare il carro dei morti senza una bara (u tavúte) perché chi lo vedeva, correva il rischio di riempirlo quanto prima;

Le lenticchie

La notte di Capodanno, per liberarsi di preoccupazioni e affanni e auspicare fortuna, bisognava buttare oggetti vecchi dalla finestra, mangiare lenticchie (i miccúle) e dodici acini di uva nera o di datteri;

Il fazzoletto

Regalare un fazzoletto era un gesto di malaugurio perché s’invocavano lacrime e disgrazie. Per eliminarne l’effetto negativo bisognava ricambiare il regalo con una monetina;

Contare le monete

Era molto pericoloso contare le monete sul palmo della mano, poiché si riteneva che la persona che lo faceva avrebbe vissuto tanti anni quanti erano i soldi contanti; 

Le scale

non bisognava passare sotto una scala appoggiata al muro perché era causa di sventura. Infatti, la scala forma un triangolo che è il simbolo della Trinità, perciò passarci sotto era una grave mancanza di rispetto. Bisognava sputare sulle proprie scarpe se proprio si era costretti a passare;

Le forbici

Era cattivo presagio quando le forbici cadevano a terra. Per annullarne gli effetti negativi, prima di raccoglierle, bisognava posarvi il piede sopra;

I gatti neri

Un gatto nero che attraversava la strada che si percorreva portava sfortuna. Dopo aver fatto ogni forma di scongiuro, per allontanare il pericolo bisognava cambiare strada o attendere che qualcun’altro transitasse dove il gatto era passato;

Gli specchi

Rompere uno specchio condannava a sette anni di sfortuna (a sètt’anne de sfertúne). Il rimedio era alquanto singolare: bisognava recarsi al cimitero più vicino, toccare una lapide (u nicchje) con un pezzo dello specchio rotto e ridurre in polvere tutti gli altri frammenti;

Il letto degli sposi

Il letto degli sposi doveva essere preparato da due giovani donne nubili (angóre segnurìne), alla luce di due candele accese che non dovevano spegnersi durante il rito. Se ciò succedeva, era un brutto presagio.

Le civette

Il posarsi di una civetta (d’a cuccuvája) sul tetto di una casa era ritenuto causa di sventura o malaugurio, se non di morte.

Nonostante, le superstizioni siano in larga parte superate, esse sono dure a morire e sono ancora presenti in qualche forma.

Lino Montanaro

PER SAPERNE DI PIÙ
  • Lino Zicca, Lino Montanaro, Lucera di una volta, Catapano Grafiche, 2021

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