A Melfi alcuni reperti dei saraceni di Lucera
Da qualche settimana presso il Museo archeologico nazionale del melfese “Massimo Pallottino” ospitato all’interno del castello di Melfi, è possibile visitare la nuova sezione medievale.
L’esposizione si articola sui tre piani della Torre del Marcangione in cui è possibile ammirare una selezione di materiali medievali (XI-XVI secolo) rinvenuti durante i lavori di restauro del castello tra gli anni Settanta e il 2009.
Il primo ambiente ospita un bacino da parata in protomaiolica policroma con un grifone che aggredisce un cervo. Si prosegue con la sala delle cermiche con vasellame da mensa del periodo svevo e angioino. Vi sono anche un ambiente dedicato alle ceramiche con animali e scene di caccia e una sala che custodisce parti di armatura e dei resti di una spada rinascimentali.
Ma la sala che merita attenzione più di tutte è la sala dei vetri in cui sono raccolti bicchieri, coppe e bottiglie con raffinate decorazioni e iscrizioni pseudo cufiche riferibili al XIII secolo.
Lasciamo spazio ad uno dei pannelli:
Il rimando più immediato per gli apparati decorativi sarebbe con prodotti Siriani ed Egiziani, ma è visibile la distanza da queste. La tecnica è alla maniera saracenorum, le forme appaiono riccorenti e le iscrizioni arabe ribadiscono come questi oggetti strizzino l’occhio all’oriente islamico, ma non abbiamo la certezza che si tratti di prodotti importati.
L’ipotesi più prudente ci induce a considerare la produzione come propria di una fabbrica locale, seppur fortemente ispirata.
E la mente va immediata a quei saraceni siciliani deportati, tra il 1223-1233 a Lucera, per volere di Federico II, che certamente continuarono in bottega i loro modi e gusti produttivi.
Dai pannelli esplicativi della sala espositiva
Siamo quindi di fronte quasi certamente a materiale vitreo decorato di produzione lucerina, a cavallo della prima metà del XIII secolo e la fine del XIII secolo. Come è noto, i saraceni servirono sia sotto gli svevi sia sotto gli angioini, e furono poi sterminati dal secondo Carlo nell’agosto 1300.
Alcune iscrizioni sono state tradotte e inneggiano alla gloria e alla devozione del possessore.
Infine vale la pena sottolineare che uno dei vetri esposti raffigura un “corteo cerimoniale“. Tale rappresentazione ricorda molto quello disegnata nel Liber ad honorem augusti, manoscritto coevo alla presenza dei saraceni in Sicilia subito prima della deportazione a Lucera. Nel bicchiere vitreo appaiono alcune figure con turbante che probabilmente altro non sono che i nostri saraceni di Lucera.
Ulteriori tasselli di una parentesi seppur breve della millenaria storia della città ma che da sempre riserva fascino, attenzione e meraviglia. Vi consigliamo davvero una visita.
Un ringraziamento speciale alla storica dell’arte e guida abilitata lucana Giulia Manes per la segnalazione dell’apertura della nuova sezione e per la segnalazione della presenza dei reperti.
Alessandro De Troia