La riforma fondiaria di Lucera
Lo sfruttamento della manovalanza agricola è un fenomeno molto antico: una volta erano i braccianti e contadini senza terra lucerini, che venivano reclutati giornalmente ” Abbassce ‘a Porte Troje” dai curatoli, cioè i sovrintendenti, per conto del padrone, delle aziende agricole.
Nel dopoguerra questa forma di reclutamento continuò ancora, ma fu contrastata dalle grandi lotte per il lavoro e la terra dei braccianti e contadini poveri, che costrinse il governo a varare quella che fu definita la Riforma stralcio (‘A Reforme Fundeareje). Una riforma poco incisiva che solo in parte risolse i problemi della disoccupazione e dell’incremento delle produzioni agricole, di cui aveva bisogno l’Italia. Comunque, si procedette all’espropriazione di terre mal coltivate e non, possedute da grandi proprietari e latifondisti, per una successiva assegnazione delle stesse a braccianti e contadini poveri.
Venne, pertanto, assegnato ad ogni nucleo familiare un podere, costituito da circa sette ettari di terreno, una casa colonica, standard e uguale per tutti, cui erano annessi una stalla e un piccolo deposito, e una dotazione di attrezzi da lavoro e alcuni capi di bestiame. A Lucera, in diverse zone dell’agro comunale, furono costruite centinaia di poderi, tutti uguali (I pudére de l’Ènde Reforme).
La suddivisione in piccoli lotti, però, non permise l’affermarsi di aziende competitive. Spesso il podere, per la scarsa estensione della terra coltivabile non riusciva a dare di che vivere alle famiglie degli assegnatari; le stesse produzioni avevano difficoltà a entrare in un mercato che iniziava ad avere riferimenti regionali e nazionali. Anche se la creazione di cooperative specializzate per l’acquisto delle sementi e per la vendita del prodotto, come oleifici e cantine sociali, cooperative ortofrutticole ne permisero la sopravvivenza.
Un esempio è stato la Cantina Sociale di Lucera (‘A Candíne Suciále). L’inconsistenza degli appezzamenti, le difficoltà degli assegnatari di attingere al credito e gli effetti della politica agraria del Mercato Comune Europeo (MEC), diedero un colpo mortale a questa realtà. Si ebbe, pertanto, il progressivo spopolamento delle zone agricole, con migliaia di assegnatari che, con le loro famiglie, abbandonarono i poderi, preferendo emigrare e andare a lavorare nelle fabbriche del Nord con condizioni di vita ed economiche migliori. Si verificò, di conseguenza, il crollo del valore dei terreni che furono rivenduti a prezzi stracciati ad acquisitori interessati, con l’effetto di ricostruire assetti proprietari e una realtà agraria non molto diversi dal grande latifondo.
Lino Montanaro
2 Comments
Ilaria Noli
Mi sono incuriosita alla Riforma Fondiaria dopo aver visto in molte foto della mia bisnonna uno dei poderi che vennero assegnati. Sarebbe bello poter sapere con precisione quale podere venne assegnato alla mia famiglia per poterlo andare a vedere (nel caso fosse ancora in piedi)
Ilaria Noli
Mi sono imbattuta recentemente in molte fotografie della mia bisnonna con in sfondo uno dei poderi che vennero assegnati dalla rifoma . Sarebbe bello sapere con precisione quale podere venne assegnato alla mia famiglia per poterlo andare a vedere (nel caso in cui fosse ancora in piedi)